E' morta stanotte schiacciata mentre era al lavoro in una vetreria a Borgonovo, una donna di cinquant'anni rimasta incastrata e schiacciata tra un nastro trasportatore e un macchinario porta bancali. Una morte atroce, fulminea, registrata come ‘accidentale’, ma che di fondo, si posiziona in coda ad una serie di innumerevoli decessi avvenuti sul posto di lavoro. Nomi di donne e uomini, comuni lavoratori, che hanno perso la propria vita nel tentativo di guadagnare dignitosamente il pane da portare a casa. Nomi che non devono essere dimenticati, non riducendosi ad una semplice lista che – giorno per giorno – raccoglie una carneficina silenziosa e spietata. Arrivano – quindi - a 790 le denunce di infortunio sul lavoro con conseguenze mortali, presentate all’Inail tra gennaio e settembre. Numeri che spaventano ancor di più se si considera che, ad aggravare ancora di più il dato, è il fatto che tra le regioni che registrano un incremento dei casi, è la Calabria. Sono dieci in più i nomi che - nel 2022 - accrescono quel dato così allarmante, che non deve semplificarsi ad un numero statistico, ma che deve essere – invece - un punto su cui i tavoli delle Regioni strutturino un confronto funzionale a garantire maggiore sicurezza sul lavoro. E’ proprio su questo argomento che Enzo Scalese, segretario generale della CGIL Area Vasta Catanzaro-Crotone-Vibo, ha voluto soffermarsi, al fine di sensibilizzare ad un tema così complesso e delicato:

“Azioni concrete – afferma Scalese – che dovrebbero partire ad esempio dal condizionare la destinazione di finanziamenti alle imprese, soprattutto quelli per l’attuazione del PNRR e dei Fondi Europei, ad investimenti in salute e sicurezza sul lavoro. Ogni settore dovrebbe seguire precisi criteri di qualificazione, soprattutto – ma non solo – negli appalti pubblici. Quello che serve è formazione e addestramento per tutte le lavoratrici ed i lavoratori, per tutti i tipi di contratto, all’inizio dell’attività lavorativa, prima di adibire alla mansione. Ma anche formazione per i datori di lavoro quale requisito per l’avvio o l’esercizio dell’attività d’impresa.”

La dichiarazione di Scalese si snoda – inoltre – su una tematica molto importante: mentre il lavoro cambia e la tecnologia si trasforma: “livelli istituzionali competenti non possono rimanere fermi a guardare”. A tal proposito, il sindacalista propone una soluzione che potrebbe essere efficace, andando direttamente a coinvolgere quelle che sono le “radici” del nostro sistema: “Trasformare la sicurezza del lavoro come materia di studio da introdurre nei programmi scolastici – conclude Scalise - perché non sia solo una conoscenza di norme ma si concretizzi il rispetto del valore della vita umano, potrebbe favorire questo percorso di cambiamento nell’approccio a questo tema fondamentale per il diritto alla salute”.