Aveva il viso di una ragazzina, ma il cuore e la forza di una leonessa: sergente maggiore e medico della Guardia nazionale ucraina, perde la vita Olena Kushnir, a Mariupol, nel giorno di Pasqua.

Rappresentava un simbolo della resistenza femminile, una delle cento donne rimasta al fronte a combattere per difendere la propria patria dall’invasione russa. Senza cibo, senza acqua, senza nessuna forma di igiene, con il terrore di poter diventare l’ennesimo trofeo di guerra, come le numerose donne vittime delle barbarie dei soldati nemici, queste guerriere hanno combattuto fino alla fine, così come ha fatto anche Olena, che però, sfortunatamente, non ce l’ha fatta.

Olena combatteva e curava i feriti, in rifugi trasformati in ospedali improvvisati, aggrappandosi il più possibile alla vita, accanto ai loro bambini che hanno difeso, e continuano a difendere, con le unghie e con i denti. Così come suo figlio, che ha tentato in tutti i modi di tenere in salvo, sfruttando uno de pochi corridoi umanitari a Mariupol, resosi necessario quando l’attacco è iniziato a diventare più violento e distruttivo.

Una volta messo in salvo il bambino, però, è tornata indietro, senza esitazione, ad aiutare chi, invece, in quella gabbia ancora stava lottando per poter scappare.

"Non compatitemi, sono un medico, una combattente, sono ucraina, faccio il mio dovere", erano queste le parole che confidava ad un'amica pochi giorni prima di morire, in una chat riportata da Mariupol today. Sui social è visibile anche un appello del sergente, un video registrato con in dosso la divisa militare in cui esorta di fermare l’attacco e permettere l’evacuazione di Mariupol, poiché privi di acqua, di cibo, di medicine, in una situazione talmente catastrofica da causare una vera e propria strage.

In uno degli appelli di Marzo, asserisce: "A Mariupol ci sono ancora persone, sono nelle cantine, sono sotto terra, hanno bisogno di tutto. Se non volete salvare Mariupol, salvate i suoi cittadini vi prego! Non vogliamo essere eroi e martiri, non potrete dire che non sapevate perché sapevate e potevate agire”

Tutta la storia del sergente Kushnir, oltre che ad essere stata accuratamente riportata, insieme alla battaglia delle altre donne, dalla giornalista ucraina Tetyana Danylenko, è visibile all'interno del suo profilo Facebook, in cui le varie vite di Olena si mischiano tra loro: quello di una donna, quello di una mamma, quello di un soldato.