Gusto Ribelle: La croccante illusione: come il “Food Design” nasconde la mediocrità
In questo contesto, il packaging – anzi, la confezione – diventa un vettore fondamentale dell'inganno percettivo

Il cibo oggi non si vende più solo per quel che è, ma per come appare, suona, scrocchia, e soprattutto per come si racconta. Il design alimentare è diventato un'industria parallela a quella del gusto. Un'industria che plasma confezioni, texture, colori, suoni e narrazioni per trasformare prodotti mediocri in esperienze desiderabili. La scienza del food design e del marketing sensoriale si fonda su un principio semplice: i consumatori non giudicano solo con la bocca, ma anche con gli occhi, il naso, le mani, persino con l'udito. Il rumore della croccantezza, ad esempio, non è solo una conseguenza fisica della consistenza, ma una strategia studiata: il suono della masticazione amplificato attraverso materiali e tecniche specifiche rende il prodotto più attraente e memorabile. Lo dimostrano diversi studi neuroscientifici, tra cui quelli del Crossmodal Research Laboratory dell'Università di Oxford.
Food design
In questo contesto, il packaging – anzi, la confezione – diventa un vettore fondamentale dell'inganno percettivo. Colori che suggeriscono freschezza, superfici opache che simulano l'artigianalità, font che evocano tradizione, simboli che richiamano l'agricoltura: tutto è studiato per creare un'esperienza sensoriale coerente con il messaggio di qualità. Anche quando quella qualità non c'è. Molti prodotti ultra-processati vengono camuffati da alimenti "fatti a mano" o "di alta gamma" attraverso dettagli estetici che evocano un passato rurale o un sapere artigianale inesistente. Lo sanno bene le multinazionali che spendono più in comunicazione e visual design che in ingredienti. Il paradosso è che il design, nato per rendere più fruibili gli oggetti, oggi viene usato per mascherarne i difetti. Un biscotto insapore può diventare un prodotto premium se racchiuso in una scatola rigida, con colori tenui e nomi evocativi. Un mix di zuccheri, farine e aromi artificiali può sembrare un alimento salutare grazie all'uso sapiente di grafiche verdi, parole come "naturalmente" o "senza" e la presenza di un'immagine bucolica stampata sulla confezione. La riflessione è necessaria: quando l'estetica sostituisce l'etica, il consumatore non sceglie più, ma subisce. L'apparenza non solo inganna, ma costruisce la percezione stessa della qualità. In un mercato dove tutto può essere reso desiderabile con il giusto design, la vera sfida diventa riconoscere ciò che vale da ciò che seduce. Forse è arrivato il momento di ascoltare meno il croc del primo morso, e più la lista degli ingredienti stampata in piccolo sul retro della confezione.