Mariangela Passiatore, luce su un cold case rimasto irrisolto per 48 anni
La milanese rapita in vacanza nel 1977 in Calabria: intercettazioni ora rivelano l’omicidio da parte della ’ndrangheta

A quasi cinquant’anni di distanza, il sequestro e l’uccisione di Mariangela Passiatore emergono da un lungo oblio. Grazie alle nuove prove investigative, si affaccia un disegno criminale coerente: una donna rapita e uccisa brutalmente perché fuori controllo emotivo. La speranza della famiglia e della giustizia è che questa verità, per quanto tardiva, renda possibile una forma di riconoscimento morale per una vita spezzata.
Una turista rapita in vacanza
Era il 28 agosto 1977 quando Mariangela Passiatore, 44enne milanese moglie di un imprenditore, fu rapita durante una cena nella sua casa estiva a Brancaleone, nella Locride. Armati e incappucciati, cinque uomini fecero irruzione rubando oro e soldi e portarono via Mariangela trascinandola a piedi per circa dieci chilometri verso Bova Superiore, tra gli angusti pendii dell’Aspromonte.
Una morte avvolta nel silenzio
Del rapimento e della sua tragedia non si seppe più nulla. Nessun corpo fu mai ritrovato e la vicenda rimase irrisolta per decenni. Il riscatto inizialmente richiesto — un miliardo di lire — poi ridotto a 150 milioni, non portò a risultati. Mariangela scomparve nel nulla, senza lasciare traccia.
Intercettazioni che accendono il caso
Una svolta decisiva è arrivata quasi cinquant’anni dopo, grazie a intercettazioni acquisite nell’ambito dell’operazione antimafia "Millenium". In particolare, emerge la confessione di Michele Grillo — uno degli indagati –, che riconosce di aver partecipato ai sequestri dell’epoca, raccontando: “L’hanno ammazzata a bastonate… in testa”. Grillo descrive anche la vittima come “troppo nervosa” e in cura con farmaci, circostanza coerente con quanto ricordato dalla famiglia Passiatore.
Il coinvolgimento della ’ndrangheta e i sospetti su ’U Nigru
Secondo gli inquirenti, dietro il rapimento e l’omicidio c’erano componenti del clan Barbaro di Platì, in particolare Giuseppe “U Nigru” e Michele Grillo. Mentre la confessione di Grillo ha contribuito a ricollegare l’episodio al sequestro Passiatore, le prove su Giuseppe Barbaro risultano meno consolidate. Entrambi gli uomini, oggi ultra‑settantenni, non sono stati sottoposti a misure cautelari, dato l’arco temporale trascorso e l’età avanzata.
Il cold case ora riaperto
L’indagine, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati. Grazie alle dichiarazioni intercettate e all’analisi storica degli eventi, il caso è da considerarsi riaperto: la morte violenta di Mariangela — uccisa in custodia da rapitori incapaci di gestirne lo stato psicologico — emerge ora con forza.
Un capitolo storico della ‘ndrangheta restituite alla memoria
Il caso di Mariangela Passiatore si inserisce nel contesto dell’“industria del sequestro” della ’ndrangheta calabrese, attiva tra gli anni ’60 e ’80. Se da un lato la confessione di Grillo offre nuovi elementi, dall’altro i decenni trascorsi rendono difficile perseguire penalmente gli autori. La verità, pur emergendo lentamente, rischia di arrivare troppo tardi.