Calabria senza pronto soccorso: via i medici a gettone, sanità pubblica al collasso
Dal 31 luglio addio ai contratti esterni nei reparti d’emergenza. Pronto soccorso già in sofferenza rischiano la paralisi. Senza un piano strutturale, il sistema sanitario regionale può saltare.

La sanità pubblica calabrese rischia il tracollo.
Dal 31 luglio 2025 è scattato lo stop ai nuovi contratti per i cosiddetti medici “a gettone”, ovvero quei professionisti ingaggiati tramite cooperative o partite IVA per coprire turni nei reparti ospedalieri. Una misura che mira a riportare trasparenza e stabilità nel sistema sanitario, ma che – nel contesto attuale della Calabria – rischia di diventare l’ennesima emergenza nell’emergenza.
In molte strutture ospedaliere regionali, dai pronto soccorso dei capoluoghi ai presidi delle aree interne, questi medici rappresentavano la principale forza lavoro attiva nei turni notturni e nei fine settimana. La loro rimozione improvvisa, senza una reale alternativa già operativa, sta mettendo in ginocchio interi reparti.
Chi erano i “gettonisti” e perché sono spariti?
Il sistema dei gettonisti si era radicato in tutta Italia e in Calabria in particolare, come soluzione tampone alla cronica carenza di personale strutturato nei reparti d’urgenza. Si trattava di professionisti esterni, spesso giovani o in pensione, che venivano retribuiti a chiamata per coprire turni critici.

Ma dietro questa flessibilità si nascondeva un sistema opaco e costoso: compensi altissimi, fino a dieci volte superiori a quelli dei colleghi stabilizzati, affidamenti diretti alle cooperative, rotazione continua di medici che spesso non conoscevano nemmeno le cartelle cliniche dei pazienti. La misura, utile nell’immediato, è diventata una distorsione strutturale.
Lo stop, stabilito a livello nazionale, vieta nuovi contratti di questo tipo dal 31 luglio, con la chiusura progressiva di quelli ancora in corso. Il problema è che in Calabria non esiste un piano alternativo pronto a sostituirli.
Pronto soccorso svuotati: chi coprirà i turni?
Secondo alcune stime sindacali, in alcune strutture calabresi tra il 40 e il 60% dei turni era coperto da gettonisti.Ospedali come quelli di Rossano, Cetraro, Vibo Valentia, Locri, Polistena e persino Reggio Calabria rischiano la paralisi operativa. Il personale rimasto in servizio, già stremato da anni di sotto-organico, non può sostenere il carico aggiuntivo senza danni alla qualità dell’assistenza e alla propria sicurezza.
E mentre si parla di turni saltati, ferie negate e reparti accorpati, la Regione tace o rimanda. Nessun piano straordinario di assunzione è stato ancora avviato. I concorsi esistono, ma sono lenti, burocratici, spesso deserti. Chi ha voglia di rischiare la propria carriera in reparti lasciati allo sbando?
Il paradosso: da sistema-tampone a perno centrale
La misura nazionale è giusta nel principio: la sanità pubblica non può reggersi su contratti precari e ingaggi privati.Ma in Calabria, dove il sistema pubblico è da anni sotto organico, commissariato e penalizzato da mobilità passiva, i gettonisti erano diventati l’unico salvagente. Toglierli senza rete, significa tagliare il filo a chi è già appeso nel vuoto. In altre regioni, si corre ai ripari. In Calabria, si rischia il vuoto assoluto.
Il costo umano di una riforma senza struttura
La decisione di eliminare i gettonisti non è sbagliata in sé. Ma farlo senza avere già pronti i rinforzi, significa mettere a rischio la tenuta dell’intero sistema sanitario regionale. E soprattutto, espone i cittadini a un grave pericolo.
In questa estate calabrese, ci sono pazienti che non troveranno un medico al pronto soccorso, ambulanze che si fermeranno per mancanza di personale, reparti che funzioneranno solo sulla carta. E chi pagherà le conseguenze? Non certo i progettisti delle riforme da Roma. A farne le spese saranno gli ultimi, i malati cronici, gli anziani soli, chi non può permettersi cure private.
Serve un piano reale, non una toppa
La Calabria non può permettersi improvvisazioni. Se davvero si vuole superare la logica dei gettoni, allora si mettano subito in campo: concorsi urgenti, semplificati e attrattivi indennità di disagio per chi lavora nei reparti critici programmazione seria e trasparente delle assunzioni rafforzamento della medicina territoriale, per evitare che tutto si scarichi sui pronto soccorso. Tutto il resto è accanimento terapeutico su un paziente già in coma. E la domanda resta: in una Calabria dove i reparti si svuotano, chi sarà davvero in grado di curare chi resta?