Strage dei carabinieri Fava e Garofalo, il 2 luglio il processo d’appello bis a Reggio Calabria
È stato fissato per il 2 luglio 2025 il nuovo processo d’appello del procedimento denominato “’Ndrangheta stragista”

È stato fissato per il 2 luglio 2025 il nuovo processo d’appello del procedimento denominato “’Ndrangheta stragista”, dopo l’annullamento con rinvio pronunciato dalla Corte di Cassazione. Sul banco degli imputati, davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria, siederanno nuovamente Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, ritenuti dalla procura i mandanti dell’attentato del 18 gennaio 1994, in cui furono uccisi i carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo sulla Salerno-Reggio Calabria, all’altezza di Scilla. Graviano, boss palermitano di Brancaccio, e Filippone, esponente apicale della cosca Piromalli di Gioia Tauro, sono difesi dagli avvocati Giuseppe Aloisio, Guido Contestabile e Salvatore Staiano. A presiedere il nuovo collegio giudicante sarà il giudice Angelina Bandiera.
La Cassazione: non dimostrata la responsabilità diretta degli imputati
La Cassazione, pur confermando l’impianto generale della “strategia stragista” congiunta tra Cosa Nostra e ’Ndrangheta negli anni Novanta, ha ritenuto che nel primo processo non fosse stato dimostrato in modo adeguato il ruolo diretto di Graviano e Filippone come mandanti dell’agguato mortale e degli altri attentati ai danni dell’Arma, commessi tra la fine del 1993 e l’inizio del 1994. Secondo la Suprema Corte, è mancata la prova specifica e diretta del coinvolgimento dei due imputati nel mandato omicidiario, e per questo ha ordinato una rivalutazione dell’impianto accusatorio, che sarà ora al centro del processo bis.
Strategia del terrore: cosche unite per forzare lo Stato
Tuttavia, il principio di fondo rimane confermato: le sentenze precedenti e la stessa Cassazione riconoscono che Cosa Nostra e ’Ndrangheta agirono in sinergia nell’ambito della cosiddetta “strategia del terrore”. Una stagione criminale pianificata con lo scopo di indurre lo Stato a trattare su temi sensibili come i benefici penitenziari per i boss detenuti e la gestione dei collaboratori di giustizia. La Sesta sezione della Cassazione ha scritto nero su bianco che «la causale degli omicidi e dei tentati omicidi è stata adeguatamente individuata nella attuazione della strategia del terrore». Una strategia che vide attentati mirati, non solo in Sicilia, ma anche nel resto del Paese – in particolare in Calabria – dove si voleva colpire le istituzioni nel cuore per indebolire la pressione repressiva sul fronte antimafia.
Il ruolo centrale della Procura reggina
Il nuovo processo si preannuncia centrale per l’accertamento definitivo delle responsabilità individuali. Sarà compito della Corte valutare le prove specifiche raccolte dalla Procura di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giuseppe Lombardo, che ha ricostruito con meticolosità il legame tra le due organizzazioni mafiose nel contesto delle “stragi continentali”. Lombardo, nel suo impianto accusatorio, ha sostenuto che Graviano e Filippone non solo condividevano l’obiettivo della destabilizzazione, ma avrebbero avuto un ruolo diretto nella pianificazione e nell’autorizzazione dell’omicidio dei due carabinieri, considerati bersagli simbolici in una guerra dichiarata allo Stato.
Un processo simbolo del patto di sangue tra mafia e 'ndrangheta
Il caso “’Ndrangheta stragista” rappresenta uno dei procedimenti più rilevanti degli ultimi anni nella lotta alle mafie. Non solo per la gravità dell’attentato – un agguato teso a due servitori dello Stato in uniforme – ma per il suo significato storico e investigativo: provare in sede giudiziaria l’esistenza di un asse operativo tra le cosche siciliane e quelle calabresi nei momenti più drammatici della storia recente italiana. Il 2 luglio, a Reggio Calabria, si tornerà dunque a parlare di stragi, mandanti, silenzi e verità ancora da dimostrare. In ballo c’è la memoria di due carabinieri caduti nell’esercizio del loro dovere, ma anche la possibilità di svelare definitivamente chi, come e perché decise che lo Stato andava colpito con il sangue.