’Ndrangheta e stragi di Stato: il peso oscuro nelle morti di Falcone e Borsellino
Il sistema mafioso calabrese non solo approfittò del vuoto lasciato da Cosa Nostra, ma fu parte attiva o complice nella catena di attentati che portarono alla morte dei due giudici antimafia

Nel 1992, durante un periodo di forte repressione giudiziaria contro Cosa Nostra, la ’ndrangheta colse l’opportunità per rafforzarsi. Mentre Falcone e Borsellino erano scossi dagli omicidi di Catturati e Messina Denaro, la mafia calabrese mantenne un profilo basso. Tuttavia, emergono dubbi sul coinvolgimento o il compiacimento di esponenti ’ndranghetisti che fornirono supporto logistico o non interferirono con le operazioni stragiste.
Collaboratori e indizi: tracce di coinvolgimento
Alcuni pentiti indicano che membri della ’ndrangheta furono informati sui piani stragisti o facilitarono movimenti di mezzi e persone, senza contrastarli. Questo atteggiamento di connivenza permise a Cosa Nostra di espandersi con le stragi, scatenando una reazione popolare e istituzionale che poi favorì l’ascesa criminale del sistema calabrese.
Dopo le bombe: la ’ndrangheta raccoglie il lascito
Dopo le stragi di Capaci (23 maggio 1992) e di via D’Amelio (19 luglio 1992), la ’ndrangheta consolidò il suo dominio nei traffici internazionali. Nonostante non fosse direttamente coinvolta nell’esecuzione, beneficiò del vuoto di potere e della distrazione mediatica verso Cosa Nostra, acquisendo potere economico e politico a livello nazionale e globale.
Memoria e impegno repubblicano
Le stragi di Falcone e Borsellino cambiarono il volto di tutta l’Italia, sollecitando una presa di coscienza pubblica anche contro la ’ndrangheta. Oggi, in ricordo dei due magistrati, il contrasto alla criminalità organizzata è diventato centrale, comprendendo anche la lotta alle cosche calabresi, che nel frattempo hanno acquisito ancora più forza.