Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Nel 1992, durante un periodo di forte repressione giudiziaria contro Cosa Nostra, la ’ndrangheta colse l’opportunità per rafforzarsi. Mentre Falcone e Borsellino erano scossi dagli omicidi di Catturati e Messina Denaro, la mafia calabrese mantenne un profilo basso. Tuttavia, emergono dubbi sul coinvolgimento o il compiacimento di esponenti ’ndranghetisti che fornirono supporto logistico o non interferirono con le operazioni stragiste.

Collaboratori e indizi: tracce di coinvolgimento

Alcuni pentiti indicano che membri della ’ndrangheta furono informati sui piani stragisti o facilitarono movimenti di mezzi e persone, senza contrastarli. Questo atteggiamento di connivenza permise a Cosa Nostra di espandersi con le stragi, scatenando una reazione popolare e istituzionale che poi favorì l’ascesa criminale del sistema calabrese.

Dopo le bombe: la ’ndrangheta raccoglie il lascito

Dopo le stragi di Capaci (23 maggio 1992) e di via D’Amelio (19 luglio 1992), la ’ndrangheta consolidò il suo dominio nei traffici internazionali. Nonostante non fosse direttamente coinvolta nell’esecuzione, beneficiò del vuoto di potere e della distrazione mediatica verso Cosa Nostra, acquisendo potere economico e politico a livello nazionale e globale.

Memoria e impegno repubblicano

Le stragi di Falcone e Borsellino cambiarono il volto di tutta l’Italia, sollecitando una presa di coscienza pubblica anche contro la ’ndrangheta. Oggi, in ricordo dei due magistrati, il contrasto alla criminalità organizzata è diventato centrale, comprendendo anche la lotta alle cosche calabresi, che nel frattempo hanno acquisito ancora più forza.