Michele Morelli, Clemente Sicilia e Giulia Cerenzia sono stati assolti da tutte le accuse. Francesco Carbone e Carmen Cosco, invece, sono stati condannati a sei mesi di reclusione per omicidio colposo. Si è concluso così, nella tarda serata di ieri, il processo celebrato davanti al Tribunale collegiale di Cosenza – presieduto dalla dottoressa Urania Granata, con a latere il dottore Fabio Squillaci e la dottoressa Maria Teresa Castiglione – per la morte della dottoressa Maria Barca, anestesista dell’ospedale dell’Annunziata, deceduta il 12 dicembre 2016 in seguito a gravi complicanze post-operatorie.

Il caso clinico e le accuse iniziali

Il processo si è incentrato su un intervento chirurgico laparoscopico per l’asportazione di una cisti ovarica eseguito il 5 dicembre 2016. Secondo la ricostruzione accusatoria, a determinare la tragica evoluzione clinica sarebbero state una perforazione del sigma e la successiva insorgenza di uno shock settico irreversibile. L’accusa aveva individuato responsabilità in diverse fasi del percorso clinico: nell’atto chirurgico stesso, nel decorso post-operatorio e nella gestione diagnostica nei giorni seguenti.

Le posizioni degli imputati assolti

Morelli e Sicilia, primo e secondo operatore dell’intervento, erano accusati di aver causato una lesione alla parete intestinale e di non aver predisposto adeguati drenaggi peritoneali. La dottoressa Cerenzia era chiamata a rispondere della gestione post-operatoria del 6 dicembre e di una presunta omissione nella compilazione della cartella clinica. Dopo un lungo dibattimento, nel quale sono stati ascoltati sette consulenti tecnici e numerosi testimoni, il Tribunale ha accolto le tesi difensive – rappresentate dagli avvocati Antonio Vanadia, Marcello Manna, Paolo Coppa, Enzo Belvedere e Angela Caputo – assolvendo i tre imputati “per non aver commesso il fatto” e “per insussistenza del fatto”. Anche il pubblico ministero Domenico Frascino aveva chiesto l’assoluzione.

La condanna per i ginecologi Carbone e Cosco

Diversa la posizione dei dottori Francesco Carbone e Carmen Cosco, ginecologi in servizio nei giorni successivi all’intervento. A loro è stato contestato un ritardo nell’inquadramento diagnostico della sintomatologia post-operatoria del 6 dicembre, che avrebbe dovuto far sospettare una complicanza settica. Secondo il Tribunale, tale ritardo ha inciso sull’aggravamento delle condizioni della paziente e ha contribuito in modo determinante all’esito letale. I due medici sono stati riconosciuti colpevoli di omicidio colposo e condannati a sei mesi di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore dei familiari della dottoressa Barca, costituitisi parte civile.

Le richieste delle parti civili e l’epilogo del processo

I familiari della dottoressa Barca, assistiti dagli avvocati Roberto Le Pera, Rossana Cribari, Franz Caruso e Mattia Caruso, avevano chiesto la condanna di tutti gli imputati e il riconoscimento del danno subito. Il Tribunale ha disposto una provvisionale immediatamente esecutiva per ciascuna parte civile. La sentenza, che accoglie solo in parte le richieste avanzate, chiude un processo complesso e doloroso, che ha sollevato interrogativi profondi sul funzionamento della sanità pubblica e sulle responsabilità individuali nei percorsi clinici più delicati.