Confiscati beni per 600mila euro a presunto affiliato alla cosca “Cacciola-Grasso” di Rosarno
L’attività investigativa aveva già evidenziato l’esistenza di un consistente patrimonio riconducibile a fonti sospette, ora definitivamente ritenuto di origine illecita

Un nuovo colpo al patrimonio della ’ndrangheta è stato inferto nei giorni scorsi dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo di Reggio Calabria e del Gruppo di Gioia Tauro, che hanno dato esecuzione a un decreto di confisca divenuto definitivo. Il provvedimento è stato emesso dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione nei confronti di un uomo attualmente detenuto, ritenuto affiliato alla cosca “Cacciola-Grasso” di Rosarno.
La confisca
La confisca è il risultato di una proposta avanzata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, guidata dal procuratore f.f. Giuseppe Lombardo, a seguito di indagini patrimoniali condotte nell’ambito dell’operazione “Ares”, svolta tra il 2015 e il 2018. L’attività investigativa aveva già evidenziato l’esistenza di un consistente patrimonio riconducibile a fonti sospette, ora definitivamente ritenuto di origine illecita. Secondo quanto accertato dai militari dell’Arma, i beni oggetto della confisca, del valore complessivo di circa 600.000 euro, risultavano intestati alla moglie dell’uomo, ma sarebbero stati nella sua piena disponibilità. Si tratta di immobili e terreni nel comune di San Ferdinando, di un’attività agricola operante nel settore agrumicolo a Rosarno e di un prodotto finanziario, ritenuto incongruente rispetto ai redditi ufficialmente dichiarati.
Contrasto alla criminalità
L’operazione conferma il ruolo centrale dei Carabinieri nel contrasto alla criminalità organizzata attraverso un’azione incisiva sul piano patrimoniale, considerata strategica per minare alla base il potere economico delle cosche e limitarne la capacità di condizionare il tessuto economico e sociale del territorio. La confisca definitiva rappresenta un ulteriore tassello nella lotta alle organizzazioni criminali della Piana di Gioia Tauro, sottolineando ancora una volta come il controllo dei patrimoni sia una delle armi più efficaci per interrompere l’influenza della ’ndrangheta e restituire legalità alle comunità locali.