È in corso una vasta operazione contro l’introduzione e l’uso illecito di telefoni cellulari all’interno delle carceri italiane. L’attività, condotta dagli investigatori della Direzione investigativa antimafia di Genova e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia ligure, ha coinvolto numerosi istituti penitenziari del Paese, tra cui anche la casa circondariale di Rossano, in provincia di Cosenza.
Le perquisizioni sono state eseguite, oltre che in Calabria, anche nelle strutture di Fossano, Ivrea, Alessandria, Cuneo, Tolmezzo, Chiavari, La Spezia, Parma, San Gimignano, Lanciano e Santa Maria Capua Vetere.

Nel mirino una rete di contatti tra i clan e i detenuti

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, 31 persone risultano indagate, a vario titolo, per i reati di introduzione e ricettazione di dispositivi telefonici aggravati dall’associazione mafiosa. Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Federico Manotti, hanno permesso di accertare come oltre 150 telefoni cellulari e 115 schede SIM siano stati utilizzati da detenuti sottoposti al regime di alta sicurezza per mantenere i contatti con affiliati delle cosche di ’ndrangheta liberi o detenuti in altri penitenziari.

Le modalità di introduzione dei telefoni e il ruolo dei familiari
I dispositivi, spesso di piccolissime dimensioni, venivano introdotti negli istituti penitenziari con la complicità di familiari e conoscenti dei detenuti, alcuni dei quali ora indagati. Secondo gli investigatori, i telefoni sarebbero stati nascosti in pacchi postali o consegnati durante le visite in carcere, per poi essere fatti circolare tra i detenuti.
Le schede SIM, attivate presso negozi compiacenti del centro storico di Genova, risultavano intestate a cittadini stranieri inesistenti o inconsapevoli.

Un sistema di comunicazioni segrete per le “ambasciate” delle cosche

Attraverso questi canali, i detenuti sarebbero riusciti a mantenere un filo diretto con l’esterno, inviando e ricevendo le cosiddette “ambasciate”, messaggi riservati per impartire ordini e indicazioni operative alle cosche di riferimento.
Durante le indagini, condotte in stretta collaborazione con la Polizia penitenziaria del carcere di Marassi, sono stati sequestrati numerosi telefoni e apparecchiature elettroniche. L’analisi del traffico telefonico e telematico ha permesso di rafforzare il quadro indiziario, confermando l’esistenza di una rete organizzata di comunicazioni illecite tra carceri e ambienti esterni della criminalità mafiosa.

Rossano tra le strutture sotto osservazione

Anche il penitenziario di Rossano, già in passato finito sotto i riflettori per la presenza di detenuti appartenenti a circuiti di alta sicurezza, è stato oggetto di perquisizioni e controlli approfonditi. Gli investigatori intendono accertare se anche all’interno della struttura calabrese siano stati introdotti dispositivi simili o attivate comunicazioni con esponenti della criminalità organizzata.

Indagini ancora in corso

L’operazione rappresenta un nuovo passo nella lotta al controllo mafioso esercitato anche dietro le sbarre, un fronte su cui la magistratura e le forze dell’ordine continuano a operare con determinazione. Le indagini proseguono per accertare ruoli e responsabilità individuali, mentre per tutti gli indagati vale il principio di presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva.