La cosca Pesce–Bellocco: il cardine mafioso della Piana di Gioia Tauro
Un’alleanza potente che ha dominato traffici internazionali e controllo territoriale

Pesce e Bellocco rappresentano il cuore criminale della Piana di Gioia Tauro: un’organizzazione che unisce forza militare, strategia imprenditoriale e capacità di infiltrazione, sfidando lo Stato e minando la legalità. Se desideri, posso approfondire i processi più recenti o gli sviluppi nell'operazione Handover.
Nascita e radicamento a Rosarno
La cosca Pesce e i Bellocco rappresentano una delle strutture più temibili e ramificate della ‘ndrangheta, radicata nel Comune di Rosarno e nella Piana di Gioia Tauro. Fin dagli anni ’60–’70 hanno esercitato il loro potere sul porto, sulle attività agricole e commerciali locali, consolidando il controllo su territori strategici e risorse economiche.
Traffico di droga e armi su scala internazionale
Il clan ha avuto un ruolo chiave nel traffico di cocaina, eroina ed ecstasy, con rifornimenti da Sudamerica, Paesi Bassi e Balcani. Attraverso il porto di Gioia Tauro, organizzavano anche trasporti di armi, imponendo una tassa fissa, una sorta di "security tax", su ogni container sbarcato. Hanno controllato gli appalti pubblici, l’edilizia e imposto estorsioni a imprenditori e agricoltori.
Alleati di ferro: una rete di potere
Pesce e Bellocco operano in stretto coordinamento tra loro e con altri clan come i Piromalli, Mancuso e Molè. Questa alleanza ha rafforzato la loro capacità di influenzare le dinamiche criminali locali, nazionali e internazionali, arrivando a controllare attività anche in Lombardia, Toscana e Liguria, fino a collegamenti criminali in Austria, Germania, Francia, Grecia e Libano.
Colpi giudiziari e resistenza operativa
Le operazioni antimafia “All Inside” (2010), “All Clean” e “Handover” (2021) hanno portato all’arresto di decine di affiliati e al sequestro di centinaia di milioni in beni. Tuttavia, sebbene i capi come Antonino Pesce, Francesco Pesce e Marcello Pesce siano stati arrestati o arrestati dopo lunghe latitanze, il network ha dimostrato una notevole capacità di ricostituirsi utilizzando prestanome e strutture imprenditoriali.
Il ruolo nel comando provinciale
Il clan Pesce è stato decisivo nella designazione di figure di vertice nella ‘ndrangheta, contribuendo, ad esempio, alla nomina di Domenico Oppedisano a capo crimine nel 2009. Con circa 500 affiliati controllati attraverso decine di “locali”, la cosca ha esercitato un’influenza strategica sui piani criminali calabresi.
Una minaccia per l’economia e il territorio
Oltre alla droga, il clan ha infiltrato settori quali l’agricoltura, la grande distribuzione e le costruzioni, estorcendo denaro e pilotando appalti. Le ampie alleanze con altri clan calabresi e con organizzazioni criminali estere fanno della cosca Pesce–Bellocco un soggetto capace di esercitare un controllo mafioso strutturato e poliedrico.