L’omicidio del professor Francesco Panzera: un sacrificio rimasto senza verità
Il docente si oppose allo spaccio di droga, fu assassinato con otto colpi
Francesco Panzera era un docente di matematica e fisica, nonché vicepreside del liceo scientifico “Zaleuco” di Locri. Nato il 22 luglio 1945 a Ferruzzano, dopo il diploma e la laurea si dedicò all’insegnamento con passione, diventando un punto di riferimento per gli alunni e un educatore impegnato oltre la cattedra. Egli non si limitava a trasmettere formule e teoremi, ma cercava di avvertire i ragazzi dei pericoli dello spaccio di droga, denunciando il dilagare del fenomeno nella Locride come affare economico dei clan. Il 10 dicembre 1982, al termine di una gita in montagna, Panzera fu colpito da otto proiettili davanti alla sua abitazione: aveva soltanto 37 anni.
Il contesto della violenza e il silenzio della giustizia
Negli anni Ottanta la Locride era segnata da affari criminali in forte espansione: lo spaccio di sostanze stupefacenti rappresentava un business sempre più rilevante. Il coraggio del professor Panzera lo portò a nominare apertamente “venditori di morte” i trafficanti che coinvolgevano anche adolescenti. La sua popolarità e credibilità fra gli studenti lo resero un ostacolo per le cosche locali. L’agguato – in piena regola mafiosa – non ha mai portato all’identificazione certa dei mandanti. Le indagini si sono lentamente arenate e la famiglia, la scuola e la comunità di Locri mantengono il ricordo di un sacrificio che il sistema non è riuscito a consegnare alla giustizia piena.
Il lascito e la memoria nel territorio calabrese
La figura di Francesco Panzera è diventata simbolo della lotta per la legalità nella scuola e nella società calabrese. Il liceo dove insegnava ha intitolato a lui il laboratorio di fisica e gli studenti partecipano a iniziative di educazione civica nel suo nome. Il Comune di Locri ha destinato un bene confiscato alla ‘ndrangheta a un polo culturale che porta il suo nome, un segno concreto di riscatto. Il suo ricordo assume così un doppio significato: non solo memoria del corso spezzato di un insegnante, ma impegno verso una comunità che vuole scegliere la classe anziché la paura.
Una mancanza ancora pesante: verità e giustizia
Nonostante gli anni trascorsi, il caso Panzera è tra quelli che evidenziano come la Calabria abbia ancora ferite aperte quando si parla di omicidi eccellenti legati alla criminalità organizzata. L’assenza di una sentenza per i responsabili significa che non è arrivata piena giustizia, né è stata offerta completa verità alla famiglia, alla scuola, agli studenti e alla cittadinanza. Quel delitto non è solo la morte di un uomo, ma la perdita di un maestro che agiva controcorrente. Il suo sacrificio richiama tutti a vigilare, ricordare e agire perché l’impegno civile diventi tangibile e non solo commemorazione.