La faida di Oppido Mamertina: sei anni di violenza tra famiglie criminali
Lo scontro tra Ferraro-Raccosta e Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo insanguinò un borgo dell’Aspromonte

Nel 1992, Oppido Mamertina fu teatro di un sanguinoso conflitto interno alla ‘ndrangheta locale. Due aggregazioni mafiose si fronteggiarono: da un lato i Ferraro-Raccosta, e dall’altro un raggruppamento formato da Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo. Lo scontro, protrattosi per sei anni, causò 22 vittime, mettendo a dura prova la stabilità del territorio.
Stragi e vittime innocenti
Agosto 1997 segnò uno degli ultimi momenti violenti: un affiliato dei Mazzagatti uccise tre persone, tra cui una donna. L’anno successivo, nel maggio 1998, avvenne la strage più drammatica: furono uccisi Giovanni Polimeni e suo nipote. In un tragico errore, morirono anche la piccola Mariangela Ansalone di 8 anni e il nonno Giuseppe Biccheri, colpiti perché la loro auto era simile a quella di un affiliato mafioso. Da questo momento, e dopo un totale di circa trenta vittime, emerse una fragile tregua che durò fino al 2011.
Retroterra criminale e scelte strategiche
Nel 2003, il boss Saverio Mammoliti, mentre era in carcere, ruppe il patto di omertà. Ammise che durante la faida la potente cosca Mammoliti (legata alla zona di Oppido Mamertina e Castellace) aveva fornito supporto ai Ferraro-Raccosta, rivelando legami strategici e dinamiche interne a un conflitto che era stato pianificato anche dall’esterno.
L’eredità del dolore
La faida di Oppido Mamertina rimane uno dei capitoli più atroci della cronaca criminale calabrese. Oltre alle vittime dirette, molte famiglie portarono il peso di lutti ingiusti, tra cui spicca la memoria di Mariangela, bambina innocente bersaglio solo perché nel posto sbagliato. In questo dramma si legge il nucleo dell’orrore mafioso: la violenza cieca che colpisce chiunque sia nel cammino sbagliato. La tregua del 1998, sebbene fragile, fu un momento di tregua e cessazione di un bagno di sangue.