Sequestro Mazzotti, processo in Assise a Como dopo 49 anni
Cristina morì durante la detenzione, il fratello parte civile
Questo pomeriggio ha avuto inizio, davanti alla Corte d'Assise di Como, il processo di primo grado nei confronti dei presunti mandanti e degli esecutori del rapimento di Cristina Mazzotti. Il sequestro è avvenuto davanti a casa sua a Eupilio (Como) il primo luglio 1975 e morì 25 giorni dopo; il suo corpo fu poi abbandonato in una discarica a Galliate (Novara), dove fu rinvenuto il primo settembre dello stesso anno.
Il dibattimento
In aula sono state discusse le questioni preliminari e ha preso avvio il dibattimento, con la presenza di due dei quattro imputati: Giuseppe Calabrò, di 74 anni, considerato uno degli ideatori del rapimento, e Antonio Talia, di 73 anni, accusato di essere tra gli esecutori materiali del sequestro.
Gli imputati
Gli altri due imputati sono Giuseppe Morabito, di 80 anni, boss della 'ndrangheta residente nel Varesotto, e Demetrio Latella, di 70 anni, che ha confessato il suo coinvolgimento nel rapimento. Durante il processo, Vittorio Mazzotti, il fratello di Cristina, si è costituito parte civile.
Le dinamiche del sequestro
Il sequestro di Cristina Mazzotti è stato uno dei primi grandi episodi di rapimenti a scopo di estorsione nell'Italia degli anni '70, una pratica criminale tristemente diffusa in quel periodo, spesso collegata alla criminalità organizzata e, in particolare, alla 'ndrangheta. La giovane Cristina, di appena 18 anni, fu prelevata con violenza di fronte alla sua abitazione, mentre stava rientrando da una serata con gli amici. I rapitori la costrinsero a salire su un'auto e scomparve nel nulla. Da quel momento iniziò una lunga e angosciante attesa per la famiglia, accompagnata da continue richieste di riscatto da parte dei sequestratori.
Le trattative e il tragico epilogo
Durante i giorni di prigionia, i sequestratori imposero un duro negoziato con la famiglia Mazzotti, chiedendo una cifra esorbitante per il rilascio della ragazza. Nonostante gli sforzi della famiglia per raccogliere la somma richiesta e trattare con i rapitori, la vicenda ebbe un esito tragico. Il corpo senza vita di Cristina fu ritrovato il 1° settembre 1975, in una discarica a Galliate, Novara. Secondo le ricostruzioni, la giovane era morta dopo 25 giorni di prigionia, probabilmente a causa delle pessime condizioni in cui veniva tenuta. Questo evento scioccò profondamente l’opinione pubblica italiana.
Le indagini e i collegamenti con la criminalità organizzata
L'indagine sulla morte di Cristina Mazzotti si intrecciò subito con le attività della 'ndrangheta, che in quegli anni estendeva il suo controllo su vari territori italiani, in particolare nel nord Italia. Il sequestro a scopo di estorsione era una delle strategie utilizzate dalla criminalità organizzata per finanziarsi, e nel caso di Cristina furono coinvolti individui legati a potenti famiglie mafiose. Il processo, che oggi riprende con nuovi elementi e testimonianze, rappresenta un tentativo di chiudere definitivamente uno dei capitoli più bui della storia criminale italiana, portando giustizia alla memoria di Cristina Mazzotti e alla sua famiglia.