Santuario di Polsi, Zuppi: «Profanato dalla mafia, oggi deve tornare casa di misericordia e speranza»
Alla vigilia della festa della Madonna, il cardinale richiama la Chiesa e i fedeli

Un monito chiaro e fermo, quello del cardinale Matteo Maria Zuppi, affidato alle pagine del settimanale Maria con te alla vigilia della festa della Madonna di Polsi. «Il santuario, casa della Madre di Dio e di tutti, in passato è stato profanato più volte – scrive il cardinale –. Era diventato un luogo per interessi privati che bisogna chiamare col loro nome: mafiosi. Chi riduce la casa di Dio a un centro di potere senza legge né onestà offende Maria, la Chiesa e l’intera comunità umana».
I festeggiamenti spostati e poi annullati
Quest’anno i festeggiamenti in onore della Madonna di Polsi non si terranno al santuario aspromontano. La diocesi di Locri-Gerace aveva disposto il trasferimento allo stadio di Locri a causa dell’inagibilità delle strade che conducono al tempio, a rischio di frane. La decisione ha però sollevato polemiche e, di conseguenza, i festeggiamenti sono stati annullati. Un segno che evidenzia le difficoltà logistiche e simboliche di un luogo che, nel passato, ha rappresentato anche il palcoscenico delle infiltrazioni criminali.
Il lavoro di rinascita
Oggi il santuario, grazie all’impegno del vescovo di Locri-Gerace Francesco Oliva e del rettore don Tonino Saraco, è tornato ad essere nelle mani dei fedeli. «In un contesto aspro e difficile – spiega don Saraco – questa chiesa è diventata un approdo di speranza, in cui Maria è Madre di Speranza. Ho avuto paura per le minacce ricevute negli anni, ma la Vergine è stata un esempio: anche lei dovette convivere con il dolore. I cristiani sono chiamati ad affrontare le prove senza mai tirarsi indietro».
Il segno della vicinanza della Chiesa italiana
La presenza e la vicinanza del cardinale Zuppi, che avrebbe dovuto presiedere la messa solenne del 2 settembre, assumono un valore particolare. «È l’espressione della Chiesa italiana che guarda a questo luogo ferito» conclude don Saraco, sottolineando come il santuario, un tempo marchiato da infiltrazioni mafiose, oggi rappresenti un simbolo di resistenza, fede e rinascita.