Paolo Mancuso “Parafante”: il brigante feroce nato tra i boschi della Calabria
Un personaggio leggendario della Calabria post-napoleonica, noto per la brutalità delle sue imprese e un destino segnato dallo scontro con le autorità

Paolo Mancuso, soprannominato "Parafante", nacque intorno al 1782 a Serra, nell’attuale comune di Scigliano (Cosenza). La sua infanzia fu segnata da un episodio traumatico: contrasse il vaiolo all’età di cinque anni, restando sfigurato e destando timore persino nei genitori. Furono queste origini tormentate a forgiare il carattere di un giovane che sarebbe diventato uno dei briganti più feroci della Calabria.
Dalla milizia borbonica alla rottura con il potere
All’inizio della sua ascesa, Mancuso si unì alle forze sanfediste del Cardinale Ruffo, movimentandosi tra Crotone, Rossano e Corigliano. Dopo aver saccheggiato e derubato a suo vantaggio, abbandonò la fedeltà alla causa e si dedicò pienamente alla vita brigantesca, vivendo tra le montagne calabresi con efferata ferocia.
Brutalità e terrore: le gesta che hanno nascosto la leggenda
Il suo passato è costellato di atti estremamente cruenti: decapitazioni, mutilazioni e torture gratuite. Non esitava a far sbranare le vittime dai suoi cani, mentre in un caso fu lui stesso a mutilare un malcapitato a morsi. Un episodio particolarmente agghiacciante è quello in cui fece bollire vivo un tenente al servizio delle autorità, per poi dare in pasto le sue carni ai cani.
La fine del terrore
Il suo regno di terrore finì tra il 13 e il 14 febbraio 1811, durante un violento scontro nei boschi di Migliuso o Camello. Fu ucciso dalle forze dell’ordine guidate da Giuseppe Iannelli. Il suo corpo venne esposto in una gabbia di ferro a Scigliano, mentre la sua testa fu divisa in più parti e distribuita nei paesi circostanti, a scopo deterrente.
Un’eredità di mito e infamia
"Parafante" incarna il volto più oscuro del brigantaggio calabrese: un mix di brutalità, terrore e resistenza, che ha per sempre segnato la memoria locale. La sua storia, ancora narrata tra paesi e valli, rappresenta un monito sulla violenza senza controllo e la fragilità del potere in tempi di profondi cambiamenti storici.