Silvio De Francesco, il farmacista rapito e ucciso durante un tragico sequestro
Una vittima innocente della violenza mafiosa degli anni Ottanta

Nella notte tra il 6 e il 7 ottobre 1980, Silvio De Francesco, farmacista settantaseienne, viene rapito nella sua casa a Bovalino. Con indosso un apparecchio acustico e in condizioni fisiche fragili, De Francesco non riesce a difendersi né a percorrere la difficile marcia verso la montagna, dove i sequestratori intendevano tenerlo prigioniero.
Un destino segnato dalla fatica
A due giorni dal rapimento, durante il trasporto sull’Aspromonte, De Francesco subisce un crollo fisico: incapace di respirare e sfinito, si accascia in un fossato. Qui viene lasciato, privo di vita, con le mani legate, un fazzoletto sulla bocca e un cappuccio sul volto. Il suo corpo viene ritrovato solo il 13 ottobre, avvolto in bende senza segni di violenze o testimonianze di interrogatorio.
Un caso senza vendetta né giustizia
De Francesco non ha legami mafiosi e non rientra nei bersagli tradizionali della violenza organizzata. Fu scelto solo per la sua presenza, risultando vittima di un tragico errore. Il caso rimane emblematico di come, in quegli anni, l’illegalità mafiosa colpisse anche persone estranee con modalità brutali, senza movente apparente.
L’eredità dell’innocenza violata
Ancora oggi, l’omicidio di Silvio De Francesco rappresenta un monito doloroso per la società calabrese: un uomo onesto strappato dalla vita solo per caso, sacrificato sull’altare di dinamiche criminali che ignoravano la verità. La sua memoria va custodita non solo come vittima passiva, ma come simbolo della fragilità della civiltà di fronte alla mostruosità dell’ingiustizia organizzata.