Sta per arrivare il primo “ingorgo fiscale” del 2024. Entro lunedì 16 giugno, le imprese italiane e i lavoratori autonomi saranno chiamati a versare all’erario circa 42,3 miliardi di euro. La stima arriva dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che sottolinea come la cifra sia parziale: non include, infatti, i contributi previdenziali, che andranno a pesare ulteriormente su soggetti già in difficoltà con la liquidità.

Le principali voci in scadenza

Del totale previsto, ben 34 miliardi di euro riguarderanno il versamento di imposte quali le ritenute Irpef sui lavoratori dipendenti e collaboratori (14,4 miliardi), l’Iva (13,2 miliardi), l’Imu (5 miliardi) e le ritenute Irpef per i lavoratori autonomi (1,3 miliardi). Le imprese, in particolare, operano da sostituti d’imposta per i dipendenti e, nel caso dell’Iva, si tratta di somme già incassate attraverso l’emissione delle fatture.

Rinvio per alcune categorie, ma il peso resta alto

Per le partite Iva soggette agli Indici Sintetici di Affidabilità (Isa), i contribuenti forfettari e altri soggetti, il Consiglio dei Ministri ha rinviato al 21 luglio il pagamento di Ires, Irap, Irpef e relative addizionali. Tuttavia, secondo la Cgia, il 30 giugno resta comunque un momento cruciale per le entrate fiscali: quel giorno lo Stato dovrebbe incassare altri 17 miliardi di euro, tra cui 9,8 miliardi per l’Ires, 4,9 miliardi per l’Irap, 1,5 miliardi per l’Irpef e 900 milioni dalle addizionali regionali e comunali.

Giugno da 59 miliardi di euro per le casse pubbliche

Sommando tutte le scadenze fiscali del mese, il gettito complessivo per le casse dello Stato raggiungerà i 59,3 miliardi di euro. Un importo enorme, che evidenzia quanto la fiscalità italiana gravi su chi produce reddito, soprattutto in un periodo segnato da incertezze economiche e inflazione.

Italia tra i Paesi Ue con la tassazione più elevata

Il report della Cgia segnala anche come l’Italia, con un tasso di pressione fiscale pari al 42,6% del Pil nel 2024, si collochi al sesto posto tra i Paesi dell’Unione Europea. Superano l’Italia solo Danimarca (45,4%), Francia (45,2%), Belgio (45,1%), Austria (44,8%) e Lussemburgo (43%). Al confronto, i principali partner economici hanno una pressione più bassa: in Germania si attesta al 40,8%, mentre in Spagna scende al 37,2%. La media UE è al 40,4%, quindi ben 2,2 punti percentuali sotto quella italiana.

Uno scenario che preoccupa il mondo produttivo

L’ennesima concentrazione di scadenze fiscali in un breve arco temporale solleva preoccupazioni tra imprenditori e professionisti. La pressione fiscale elevata e la frequenza dei versamenti obbligatori continuano a rappresentare uno degli ostacoli principali alla competitività del sistema produttivo nazionale, in particolare per le piccole e medie imprese, che restano la spina dorsale dell’economia italiana.