Francesco Crisopulli
Francesco Crisopulli

Era il 9 gennaio 1989 quando Francesco Crisopulli, manovale di 50 anni residente a Bova Marina, è stato brutalmente assassinato da tre killer armati di fucile e pistola mentre scendeva in auto con il figlioletto di appena 3 anni. Il gesto è avvenuto nei pressi della sua abitazione, nell’istante in cui tentava di parcheggiare la Renault 5. I sicari hanno sparato dapprima quattro colpi di fucile e poi tre di pistola, colpendolo mortalmente. Il bambino, intrappolato fra le lamiere, è rimasto miracolosamente vivo.

Le dinamiche e il contesto dell’omicidio

L’omicidio è stata un’esecuzione orchestrata, che si colloca nel quadro delle violenze della criminalità organizzata nella fascia ionica calabrese. Crisopulli, separato dalla moglie, si trovava in un’auto con il figlio quando è stato rapito dalla morte: il mandante individuato dagli inquirenti era un uomo che intratteneva una relazione con la moglie dell’uomo. Il movente è dunque riconducibile a questioni sentimentali intrecciate con rapporti e logiche di potere criminale. Il caso è emblematico per il coinvolgimento del minore e per l’esito drammatico, che ha fatto emergere la vulnerabilità di persone comuni esposte alla violenza organizzata.

Una vicenda rimasta in larga parte senza giustizia

Nonostante l’efferatezza del delitto e la notorietà del contesto, la vicenda di Crisopulli è rimasta avvolta da ombre: il cammino della giustizia ha faticato a fare piena luce sul piano esecutivo e sul numero dei responsabili, e la memoria del fatto si intreccia con l’esigenza di verità e riparazione per le vittime innocenti della ’ndrangheta. Il suo nome è inserito negli elenchi di coloro che sono stati uccisi in Calabria per motivi associabili al crimine organizzato, vittime senza ruolo pubblico ma colpite nella quotidianità.

Memoria, impegno e responsabilità collettiva

La storia di Francesco Crisopulli richiama l’urgenza di riconoscere che la lotta alla criminalità organizzata non riguarda solo gli “eroi” istituzionali ma anche le persone comuni che ogni giorno spendono impegno e lavoro in territori vulnerabili. Ricordarlo significa non soltanto celebrare la sua figura, ma affermare un impegno concreto verso la legalità, il sostegno alle famiglie delle vittime e la qualità delle istituzioni. Il comune sforzo civile richiesto è quello di mantenere alta l’attenzione, promuovere la cultura della responsabilità e garantire che fatti come questo non cadano nell’oblio.