Nel 2024, la Direzione Investigativa Antimafia ha restituito, ancora una volta, un quadro inquietante ma necessario della criminalità organizzata in Italia. Al centro, come da anni ormai, si conferma la ‘Ndrangheta: non più solo un'organizzazione calabrese, ma una vera e propria multinazionale del crimine, con ramificazioni che attraversano non solo il nostro Paese ma anche buona parte dell’Europa, delle Americhe e dell’Oceania.

La relazione fotografa una realtà consolidata: la ‘Ndrangheta è oggi l'organizzazione criminale più potente e pervasiva. Ha saputo mantenere una struttura familiare e verticistica, rigida ma incredibilmente funzionale, che le ha permesso di espandersi in modo silenzioso e continuo, evitando il più possibile l’uso della violenza e preferendo l’infiltrazione, la corruzione, il mimetismo.

Il nord Italia è ormai terreno fertile per le sue attività: la Lombardia, con le province di Milano, Monza, Varese e Como in testa, è diventata una delle zone con più alta concentrazione di "locali" di 'Ndrangheta fuori dalla Calabria. Ma la mappa del potere si estende ben oltre i confini nazionali: Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Svizzera, Canada, Colombia, Australia. Una rete globale, con al centro i clan calabresi.

Il cuore pulsante di questa macchina criminale resta il traffico internazionale di stupefacenti, in particolare cocaina. Secondo la DIA, la ‘Ndrangheta ha costruito rapporti diretti con i cartelli sudamericani, sfruttando porti strategici come quello di Gioia Tauro per far entrare la merce. Ma quello che la distingue è la capacità di reinvestire i proventi del narcotraffico nell’economia legale, grazie a una rete fittissima di società, prestanome e investimenti in attività apparentemente innocue: ristoranti, autolavaggi, edilizia, perfino sanità e logistica.

In questo scenario, preoccupano particolarmente le infiltrazioni nella pubblica amministrazione. La relazione del 2024 parla chiaro: la ‘Ndrangheta si muove con grande efficacia nel condizionare gare d'appalto e ottenere vantaggi dai fondi pubblici, in particolare quelli legati al PNRR e alle grandi opere come il Ponte sullo Stretto. I clan non solo cercano il guadagno economico, ma puntano al controllo territoriale e politico.

Uno dei dati più gravi emersi nel report riguarda proprio lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose: dal 1991 a oggi, ben 379 consigli comunali sono stati commissariati, e la Calabria detiene il triste primato con oltre 130 casi.

Ma non è solo la struttura tradizionale a preoccupare: la ‘Ndrangheta sta evolvendo. Utilizza strumenti tecnologici avanzati, criptazione delle comunicazioni, droni per i collegamenti tra detenuti e affiliati. Recluta anche i più giovani, usando i social per esibire status e potere. E secondo alcune recenti indagini, ha perfino tentato di entrare in contesti digitali come il metaverso e il trading cripto.

Questa trasformazione non è frutto del caso: è il risultato di decenni di accumulazione di potere, relazioni e capacità mimetica. Come ricorda il report, la 'Ndrangheta non ha bisogno di sparare per far sentire la propria presenza. Agisce sottotraccia, guadagna consenso sociale nei territori, compra silenzi, scavalca la legalità con l’arma più insidiosa: l’indifferenza.

Davanti a questa realtà, la risposta dello Stato deve essere coordinata, trasversale, instancabile. E non può limitarsi alla repressione: serve un’azione capillare anche sul piano culturale, economico e sociale. Perché la forza della ‘Ndrangheta – oggi più che mai – sta nella sua capacità di insinuarsi dove c'è debolezza, disillusione, complicità.

E la debolezza più grande, oggi, sarebbe quella di pensare che la lotta sia finita.