Melanzane a scapece
Melanzane a scapece

In un’epoca dominata dalla velocità e dal consumo istantaneo, c’è una pietanza che resiste caparbia, come le donne che per generazioni l’hanno preparata nei paesi dell’entroterra e lungo le coste: sono le melanzane a scapece, uno dei simboli dell’estate calabrese, dell’autoproduzione, del legame profondo con la terra e con i riti domestici. Un piatto povero solo all’apparenza, ma ricco di sapori, identità e storia.

La scapece, o scapece calabrese, è una tecnica di conservazione di origine antichissima che prevede l’utilizzo dell’aceto, spesso aromatizzato con aglio e menta, per conservare a lungo ortaggi fritti. Tra questi, la regina indiscussa è la melanzana: tagliata finemente a striscioline, messa sotto sale per eliminare l’amaro, fritta in abbondante olio e infine immersa in una marinatura agrodolce dal profumo inconfondibile. Una volta riposta nei barattoli di vetro e lasciata riposare per qualche giorno, diventa un’esplosione di sapori mediterranei.

Un rito di famiglia, tra mani esperte e gesti lenti

Preparare le melanzane a scapece, in Calabria, è molto più di una semplice ricetta: è un rito familiare che si ripete ogni anno tra luglio e settembre, quando le melanzane sono al massimo della loro bontà. In molti paesi, soprattutto nell’area del Cosentino e del Reggino, le famiglie si riuniscono nei cortili, spesso coinvolgendo più generazioni. Le nonne insegnano alle nipoti i tempi giusti di ogni passaggio: quanto far scolare le melanzane sotto sale, quale tipo di aceto usare, come stratificare aglio e foglie di menta tra uno strato e l’altro.

La scapece è anche un cibo della memoria, che racconta la capacità delle donne calabresi di conservare l’eccedenza, di trasformare il raccolto in riserva, di affrontare l’inverno con gusto e intelligenza. Nata come esigenza pratica, oggi è diventata una vera leccornia per palati raffinati, protagonista di antipasti rustici, aperitivi casalinghi o panini gourmet.

Tradizione che guarda al futuro

Oggi le melanzane a scapece vivono una nuova stagione di successo, anche grazie al recupero delle tradizioni culinarie da parte di giovani agricoltori, chef e food blogger. Alcune aziende agricole calabresi, soprattutto nella zona del Savuto, del Lametino e del Crotonese, hanno trasformato la ricetta familiare in un prodotto d’eccellenza, con etichetta e filiera controllata, esportandola anche fuori regione. C’è chi le propone in versione biologica, chi utilizza antiche varietà di melanzana viola, e chi le abbina a piatti moderni per dare un tocco autentico a ricette internazionali.

Anche il turismo gastronomico ha scoperto la forza evocativa di questo piatto: nei borghi dell’interno calabrese, dalle Serre alla Sila Greca, capita sempre più spesso di trovare agriturismi e trattorie che inseriscono le melanzane a scapece nel proprio menù identitario, come elemento distintivo della cucina calabrese.

Un vasetto di melanzane a scapece non è solo una conserva: è un piccolo scrigno di profumi, di gesti tramandati, di terra, sole e mani sapienti. Un ricordo che si spalma su una fetta di pane e che, con un solo morso, racconta la Calabria intera.