Il tragico errore mortale: Francesco Scerbo, vittima innocente della ‘ndrangheta
In un agguato criminale del marzo 2000 a Isola di Capo Rizzuto, perde la vita un giovane impegnato nel volontariato

Il 2 marzo 2000, a Isola di Capo Rizzuto (Crotone), un agguato armato scaturito da una faida tra clan mafiosi si conclude in una tragedia: tra le vittime figura Francesco Scerbo, un ragazzo di 29 anni, definito una “vittima innocente”. Francesco si trovava in una pizzeria con alcuni amici quando quattro killer fecero irruzione nel locale aprendo il fuoco indiscriminatamente.
La vittima e la sua comunità
Francesco non era coinvolto nei conflitti mafiosi che infuriavano nella zona; al contrario, era un giovane rispettato e attivo nel volontariato. Al momento del suo assassinio, lascia una moglie incinta e una figlia di cinque anni. Il suo omicidio, frutto di una violenza cieca e casuale, scosse profondamente la comunità, portando alla luce la tragedia delle vittime innocenti e la devastazione causata dalla criminalità organizzata.
Il contesto mafioso e le conseguenze
L’omicidio di Scerbo avvenne in un periodo di faide cruente tra clan criminali operanti nel crotonese. Il suo nome è riportato nelle cronache di vittime della ‘ndrangheta, insieme a quelli di altri sfortunati innocenti uccisi per errore in agguati o attentati mafiosi nell’area. Sebbene l’atto giudiziario abbia inquadrato il delitto come collaterale a dispute tra cosche, la memoria di Francesco resta simbolo di un dolore civile e della necessità di giustizia per chi non aveva alcun ruolo nel mondo criminale.