Nelle province di Crotone e Milano, i Carabinieri del Comando Provinciale di Crotone hanno eseguito un’Ordinanza di Custodia Cautelare emessa dal gip del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Procura della Repubblica. Il provvedimento riguarda sette persone, ritenute gravemente indiziate – a vario titolo – del reato di procurata inosservanza della pena, aggravato dall’aver agito con il fine di agevolare le attività della struttura ’ndranghetistica denominata Locale di Cirò.
Per cinque indagati è stata disposta la custodia cautelare in carcere, mentre per gli altri due sono stati applicati gli arresti domiciliari.

Le indagini: una rete di fiancheggiatori al servizio dei latitanti

L’attività investigativa, complessa e articolata, è stata condotta dal Nucleo Investigativo del Reparto Operativo dei Carabinieri di Crotone sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. Le indagini hanno permesso di ricostruire l’esistenza di una presunta rete di fiancheggiatori attiva tra luglio e novembre 2024, impegnata nel supporto alla latitanza di due esponenti del Locale di Cirò:

S. C., 43 anni, di Cirò Marina

A. A., 52 anni, anch’egli di Cirò Marina

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, i due si erano sottratti all’esecuzione della pena residua loro inflitta: 3 anni e 25 giorni per il primo e 5 anni e 11 mesi per il secondo. Le condanne derivano dalla sentenza emessa il 24 settembre 2021 dalla Corte di Appello di Catanzaro, divenuta irrevocabile dopo il pronunciamento della Corte di Cassazione. Entrambi erano stati riconosciuti colpevoli di associazione mafiosa nell’ambito della storica operazione “Stige”.

Supporto logistico e SIM dedicate: le accuse agli indagati

Alle sette persone colpite dal provvedimento cautelare vengono contestate condotte di presunto favoreggiamento attivo alla latitanza dei due condannati. In particolare, avrebbero:

fornito appoggio logistico

messo a disposizione SIM telefoniche attivate appositamente e intestate a loro nome

contribuito, in vario modo, a eludere le investigazioni e le ricerche della Polizia Giudiziaria

Tali azioni avrebbero avuto, secondo gli inquirenti, l’obiettivo di agevolare le attività del sodalizio mafioso di riferimento e impedire l’esecuzione dei provvedimenti definitivi di carcerazione.

Presunzione di innocenza

Si ricorda che tutte le persone coinvolte sono da considerarsi non colpevoli fino a sentenza definitiva, secondo il principio di presunzione di innocenza.