Liste d’attesa, 4 milioni di italiani rinunciano alle cure: Gimbe denuncia i ritardi del decreto
A un anno dal decreto sulle liste d’attesa, metà dei decreti attuativi è ancora assente. La Fondazione Gimbe: “Sistema al collasso, servono riforme strutturali, non promesse”

Il numero di italiani costretti a rinunciare alle cure sanitarie a causa delle liste d’attesa troppo lunghe ha raggiunto numeri allarmanti. Secondo un’analisi indipendente della Fondazione Gimbe, sono ben 4 milioni le persone – pari al 6,8% della popolazione – che nel 2024 hanno dichiarato di aver rinunciato totalmente a prestazioni sanitarie. Un dato in costante crescita: nel 2022 erano 2,5 milioni (4,2%), nel 2023 2,7 milioni (4,5%).
Il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, lancia un monito: “Negli ultimi due anni il fenomeno non solo è cresciuto, ma coinvolge l’intero Paese. Il vero problema non è più solo economico, ma la capacità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) di garantire prestazioni in tempi compatibili con i bisogni di salute”.
Decreto sulle liste d’attesa: attuazione a metà
La denuncia di Gimbe arriva a un anno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge 73/2024, il cosiddetto decreto liste d’attesa, presentato come un provvedimento urgente per contrastare il problema. Tuttavia, tre dei sei decreti attuativi previsti non sono ancora stati pubblicati. Uno è scaduto da oltre nove mesi, mentre gli altri due non hanno nemmeno una data di discussione calendarizzata.
Il decreto già scaduto riguarda i poteri sostitutivi dell’Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria, bloccato da un duro scontro istituzionale tra Governo e Regioni. Gli altri due provvedimenti mancanti toccano aspetti cruciali: il superamento del tetto di spesa per il personale sanitario, fermo per la mancata approvazione della metodologia Agenas, e le linee guida per il sistema di disdetta delle prenotazioni e l’ottimizzazione delle agende Cup, che non risultano all’ordine del giorno della Conferenza delle Regioni.
Un dibattito politico acceso
Sul tema si sono espressi con toni differenti il ministro della Salute Orazio Schillaci e il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte.
Schillaci ha ammesso che “sulle liste d’attesa c’è ancora tanto da fare”, ma ha difeso l’operato del governo sostenendo che “abbiamo finalmente intrapreso la strada giusta per affrontare un problema annoso”.
Di tutt’altro tenore le parole di Conte, che parla di “fallimento clamoroso”: “La metà dei decreti attuativi non sono ancora stati pubblicati, la piattaforma nazionale è in ritardo. Hanno preso i voti e lasciato i cittadini in lista d’attesa”.
Un problema strutturale, non solo normativo
Secondo Cartabellotta, “il carattere di urgenza del provvedimento si è rivelato incompatibile con l’elevato numero di decreti attuativi richiesti”. Ma il punto centrale, per la Fondazione Gimbe, è che le liste d’attesa non sono un’emergenza da affrontare con interventi frammentari: rappresentano il sintomo più visibile del progressivo indebolimento del Ssn.
Serve, secondo Gimbe, una strategia complessiva che comprenda investimenti strutturali sul personale sanitario, riforme organizzative coraggiose, una trasformazione digitale completa e misure per ridurre la domanda inappropriata di prestazioni sanitarie.
Solo in questo modo, conclude Cartabellotta, sarà possibile restituire fiducia ai cittadini e garantire un diritto alla salute oggi sempre più a rischio.