La strage dell’Epifania: Augurusa e Addesi, vittime innocenti della violenza mafiosa
Un agguato in piazza a Sant’Onofrio travolge due operai

Era una mattinata di pioggia quando, in piazza Umberto I a Sant’Onofrio (Vv), un commando armato fece irruzione a bordo di una Alfa 33. L’obiettivo: uomini appartenenti al clan rivale dei Bonavota, ma in un istante di confusione tra la folla, furono colpiti due uomini innocenti. Francesco Augurusa, 44 anni, attendeva il figlio davanti a un bar, e Onofrio Addesi, 39 anni, suo collega, persero la vita immediatamente sotto i colpi di pistole e kalashnikov sparati tra i passanti. Nell’agguato rimasero ferite altre dieci persone.
Lo sfondo criminale: una faida sanguinaria
L’omicidio fu parte di una cruenta faida tra clan locali – i Petrolo-Matina-Bartolotta da una parte, i Bonavota dall’altra – scaturita da tensioni radicate e scontri per il controllo territoriale, originati anche da furti di bestiame e vendette personali. L’agguato scatenò uno shock collettivo nell’intera comunità, che subì la brutalità di un conflitto sfociato in una tragedia pubblica irreversibile.
L’arresto e la risposta dello Stato
Dalla piazza si levò un disperato tentativo di fuga, ma le forze dell’ordine risposero prontamente: durante l’inseguimento venne bloccata l’auto dei sicari, arrestando uno di loro a Pizzo Calabro. Le successive dichiarazioni di un collaboratore di giustizia permisero di individuare i mandanti e gli esecutori materiali, portando, dopo un processo, a condanne anche all’ergastolo.
Il ricordo che permane e il monito per il futuro
La comunità di Sant’Onofrio non ha dimenticato le vittime innocenti di quel massacro. Ogni anno, in occasione dell’Epifania, si tengono commemorazioni con deposizioni di corone e momenti di riflessione pubblica, a testimonianza che la memoria civile è necessario baluardo contro la violenza. Le famiglie di Augurusa e Addesi, insieme a Libera, continuano a chiedere giustizia e legalità per la Calabria.
Perché questa vicenda non può essere dimenticata
Il doppio omicidio di Augurusa e Addesi è una ferita aperta nella memoria collettiva: due vite spezzate da rivalità criminali in un contesto in cui la guerra tra clan è divenuta strage indiscriminata. La storia di queste vittime è un richiamo alla responsabilità civica: solo mantenendo viva la memoria possiamo sperare in una Calabria libera dalla cultura della sopraffazione.