Silvio Sesti
Silvio Sesti

Silvio Sesti era un noto avvocato penalista di Cosenza, con una carriera caratterizzata da incarichi complessi e rapporti professionali delicati. Nel clima teso del primo scorcio degli anni Ottanta, in cui le mafie e i clan criminali tentavano di espandere il loro potere anche sul terreno giudiziario, Sesti ricopriva un ruolo scomodo: difendeva esponenti appartenenti a fazioni contrapposte. Circolarono voci — poi rivelatesi infondate — secondo cui l’avvocato si fosse mostrato più attivo nella tutela degli imputati legati al gruppo Perna, alimentando sospetti e inimicizie nella scena criminale locale.

Non era la prima volta che un legale pagava con la sua vita il semplice esercizio della propria professione. Ma l’omicidio di Sesti assunse presto i tratti di una ferita indelebile nella storia di Cosenza: il primo “delitto eccellente” della città, destinato a diventare un cold case ancora in attesa di verità piena.

L’agguato in pieno centro

La sera del 21 giugno 1982, Silvio Sesti venne ucciso nei pressi del suo studio, nella centralissima via Alimena, a poca distanza da via Arabia e dalla piazza principale della città. Due killer — che fonti successive indicarono come provenienti da Napoli — lo freddarono con colpi di arma da fuoco prima che potesse difendersi o chiedere aiuto. L’agguato, rapido e chirurgico, suggeriva una preparazione accurata e un obiettivo ben definito.

L’omicidio avvenne pochi giorni dopo un episodio armato che aveva coinvolto i carabinieri locali: un conflitto a fuoco con malviventi legati alla Camorra. Secondo alcune piste investigative successive, quell’evento potrebbe aver fatto da detonatore per la vendetta contro Sesti, figurando come un’azione di ritorsione trasversale. (vari resoconti storici)

Nonostante investigazioni, testimonianze e inchieste successive, non è mai stato individuato con certezza il mandante né i motivi completi del delitto. Le ipotesi restano molteplici: regolamenti di conti criminali, desiderio di eliminare un avversario giudiziario, timore che Sesti potesse scoprire collusioni tra mafie e professionisti.

Le indagini, le piste e i nodi irrisolti

Nel corso degli anni, collaboratori di giustizia hanno indicato i presunti esecutori: Alfonso Pinelli e Sergio Bianchi, due killer napoletani che soggiornavano nel cosentino per brevi periodi, sono stati citati come possibili autori materiali dell’agguato. Si parla del coinvolgimento del clan Nuvoletta e di contiguità con la Nuova Camorra Organizzata, con il delitto di Sesti inserito nel sistema criminale interregionale. Alcuni credono che l’omicidio sia derivato da accordi mafiosi che coinvolgevano sia ambienti camorristici che complicità calabresi.

Tuttavia, molte delle piste investigative si sono arenate per lacune nelle prove, omissioni nell’esecuzione di atti istruttori e un contesto giudiziario che, all’epoca, faticava a gestire delitti di tale complessità. In Cosenza ancora si ricorda il caso come esempio paradigmatico di “morte impunita”, dove la verità completa non è mai emersa.

Il significato simbolico e la memoria civile

L’omicidio di Silvio Sesti resta una ferita viva nella coscienza calabrese. Non solo come atto di violenza contro un uomo, ma come colpo inferto al diritto, alla legalità e all’autonomia della difesa. La figura dell’avvocato divenne simbolo dell’assalto mafioso alla giustizia: chi osa rappresentare chi è inviso al potere criminale rischia la vita stessa.

Nei decenni, l’anniversario del 21 giugno è stato commemorato in eventi, letture civili e iniziative di memoria, proprio per non lasciar cadere nel silenzio quel delitto che, ancora oggi, pone interrogativi. Il nome di Sesti è spesso citato tra le vittime della mafia che non hanno avuto giustizia, ma che continuano a ispirare chi lotta per trasparenza e diritti.

Il suo omicidio è un monito: la stagione delle intimidazioni non è solo storia, è una sfida che il territorio calabrese continua a combattere, consapevole che verità e memoria sono strumenti indispensabili per la giustizia e la rigenerazione civile.