L'ospedale di Crotone
L'ospedale di Crotone

Sono le 20:00 quando mio figlio Salvatore, dopo aver mangiato una semplice arachide, inizia a tossire insistentemente. Poco dopo compaiono strani rumori respiratori: un segnale che conosco bene, un possibile corpo estraneo nei bronchi, un'emergenza che può essere fatale.
Senza perdere tempo, lo accompagno al Pronto Soccorso di Crotone.

La tempestività del personale medico

La Pediatria del San Giovanni di Dio agisce immediatamente. La dottoressa Spinelli visita mio figlio, lo monitora, esegue esami ematici, RX torace e TAC. Il sospetto di inalazione è chiaro e la broncoscopia è urgente, ma a Crotone non è disponibile. È sabato notte, ma la dottoressa non perde un secondo: inizia una difficile serie di telefonate per trasferirlo in un centro capace di intervenire.

L’inizio dell’incubo

E qui inizia l'incubo. Prima Catanzaro: un'apparente disponibilità, poi il dietrofront. “Non abbiamo il broncoscopio pediatrico.”
Poco dopo Cosenza: altro via libera, altra speranza, altra illusione. Ambulanza pronta, mio figlio sulla barella, siamo fuori dal Pronto Soccorso. Dopo mezz'ora di attesa, l'ennesima telefonata: “Manca un pezzo del broncoscopio.” Trasferimento annullato.

L’attesa e la paura

Mio figlio, in codice rosso, resta ricoverato a Crotone, mentre noi genitori trascorriamo la notte accanto a lui, con la paura che quell'arachide potesse gonfiarsi e ostruire completamente il bronco. Non posso descrivere lo stato d'animo di quelle ore. Una madre e un padre non dovrebbero mai trovarsi a sperare che un ospedale non dica “no” a un bambino che rischia di soffocare.

La svolta e la corsa verso Napoli

La dottoressa Zampogna, Primario di Pediatria, interviene anche da casa. Contatta centri fuori regione. Finalmente il Santobono di Napoli risponde, come sempre, con professionalità e tempestività.
Non possiamo volare per il maltempo: partiamo in ambulanza, accompagnati dal dottor Ivan Martinez, fino a Napoli. Al Santobono il corpo estraneo viene rimosso d'urgenza da un'équipe straordinaria, alla quale sarò grata per tutta la vita.

La domanda che resta

Ma una domanda resta, ed è amarissima:
Com'è possibile che in tutta la Calabria non esista un broncoscopio pediatrico funzionante?
Com'è possibile che due ospedali hub rifiutino un bimbo in pericolo di vita, senza offrire un'alternativa, senza assumersi la responsabilità che la sanità pubblica impone?
Gli ospedali non possono dire “non possiamo farlo” quando si parla di un'emergenza pediatrica. Non possono rimandare indietro un bambino e una famiglia nel panico. Non possono ripetere “manca l'apparecchio” o “manca un pezzo” come se la vita fosse opzionale.

Il fallimento di un sistema

A che servono gli Hub e gli Spoke, se al momento del bisogno le attrezzature non ci sono e i trasferimenti vengono revocati quando il paziente è già in ambulanza?
Il Reparto di Pediatria di Crotone ha dimostrato cosa significhi dedizione, competenza e umanità.
Ma non può essere l'impegno di singoli medici a salvare i bambini da un sistema che non funziona.

Un appello alla Regione Calabria

Questa lettera non vuole essere una polemica sterile.
Vuole essere una richiesta, chiara e dovuta:
– che la Regione Calabria verifichi immediatamente le dotazioni pediatriche negli ospedali;
– che venga garantito un percorso di emergenza efficiente e attrezzato;
– che i bambini calabresi abbiano lo stesso diritto alla salute dei bambini del resto d'Italia.

Una conclusione che pesa come un monito

Perché mio figlio è stato salvato non grazie al sistema,
ma nonostante il sistema.
E non è così che dovrebbe funzionare una sanità che si definisce pubblica.

Cordialmente
Ramona