Domenico Bruno e Giovanni Cento (foto vittimemafia.it)
Domenico Bruno e Giovanni Cento (foto vittimemafia.it)

È il 22 marzo 1991, a Petilia Policastro (KR), quando due guardie giurate, Domenico Bruno e Giovanni Cento, vengono colpite in un agguato mortale in via Arringa. Bruno è 30enne, Cento 50enne. Quel giorno i due uomini si trovavano in servizio e, secondo le indagini, assistettero involontariamente a una rapina: videro qualcosa che non avrebbero dovuto vedere. Il prezzo per aver fatto da testimoni fu altissimo.

Durante l’agguato si sviluppò un conflitto a fuoco: Bruno rimase ucciso sul colpo, mentre Cento fu gravemente ferito e trasferito d’urgenza in un ospedale di Messina. Prima di spirare, ebbe la forza di rispondere alle domande degli investigatori e di indicare, con riferimenti fotografici, uno degli autori dell’omicidio.

Il corso delle indagini e i processi

Le indagini puntarono su due uomini di Petilia Policastro: Vincenzo Comberiati e Mario Mauro. In primo grado furono entrambi assolti, sulla base di lacune nelle prove e dubbi interpretativi. Ma la Corte d’Appello di Catanzaro ribaltò quella decisione, riconoscendo il ruolo di responsabile di Comberiati – condannandolo a 17 anni di reclusione – mentre Mauro venne assolto. Tuttavia la Corte di Cassazione annullò la condanna e rinviò gli atti a una nuova sezione d’appello, considerando alcune questioni procedural i giudizi su un piano tecnico.

Una delle problematiche maggiori riguardò le dichiarazioni rese da Cento in fin di vita: le difese contestarono la precisione dell’indicazione dell’assassino, il cui nome era espresso con un soprannome locale (“tummaruolo”) che generò incertezza sull’identità effettiva del soggetto indicato. La Cassazione evidenziò che non fu richiesto un incidente probatorio tempestivo per cristallizzare quelle dichiarazioni e che le sommarie informazioni potrebbero non essere sufficienti come prova solida.

Significato e memoria

L’omicidio di Bruno e Cento rientra nelle vicende drammatiche di violenza mafiosa che colpiscono chiunque esca dall’ombra e cerchi di fare il proprio dovere, anche solo assistendo a fatti criminosi. Sono stati riconosciuti come vittime della ’ndrangheta, due uomini uccisi per evitare che la verità emergesse, puniti perché “sapevano troppo”.

A Petilia Policastro è stata dedicata un’area verde in memoria di Bruno e Cento, come gesto simbolico per non dimenticare. La comunità locale, le associazioni antimafia e gli enti territoriali hanno promosso iniziative e celebrazioni in ricordo del loro sacrificio e per sottolineare il valore del coraggio civico.

Continua oggi la ricerca di verità e giustizia, nel rispetto di chi perse la vita per aver semplicemente fatto il proprio dovere. Le vicende giudiziarie e le controversie processuali non cancellano il fatto che Bruno e Cento persero la vita per testimoniare, e che la loro memoria resta parte integrante della lotta contro la mafia calabrese.