Francesco Longo
Francesco Longo

Era l’11 agosto 1989 quando Francesco Longo, 38 anni, operaio residente a Cittanova, è stato assassinato nel cortile della propria abitazione, mentre si preparava a recarsi al lavoro. Sua moglie ha riferito che aveva appena parlato con qualcuno all’esterno della casa, quando furono uditi cinque colpi di pistola in rapida successione. Quando uscì, lo vide disteso a terra con il braccio alzato, nel tentativo di proteggersi. L’uomo morì sul colpo.

Il contesto della faida e la sua posizione estranea

Gli investigatori riconobbero sin da subito che l’omicidio era riconducibile alla violenta faida armata che, tra il 1987 e il 1991, insanguinò Cittanova, contrapponendo le cosche locali. Nonostante ciò, Longo era considerato una “vittima innocente”: non apparteneva alle fazioni in lotta e si guadagnava da vivere onestamente, senza partecipare ai conflitti.

Indagini e assenza di giustizia

Nonostante l’immediata apertura dell’inchiesta e la comprensione del legame dell’omicidio con la faida, le indagini non sono riuscite a identificare responsabilità certe e il caso rimane senza colpevoli. Il fatto che un uomo estraneo agli ambienti criminali sia stato colpito sottolinea la gravità del fenomeno: la violenza mafiosa non risparmia vite inermi.

Il ricordo e il significato morale

La memoria di Francesco Longo vive oggi come simbolo delle vittime innocenti della ’ndrangheta, di chi ha pagato con la vita per essere nel posto sbagliato al momento sbagliato o semplicemente per essere fuori dai giochi criminali. La sua famiglie racconta oggi un vuoto che non si colma, un dolore che attraversa generazioni e una ferita che resta aperta nella comunità.

Il suo nome risuona come monito: la legalità, il lavoro dignitoso, la scelta di restare nella propria terra non devono essere oggetto di condanna ma motivo di orgoglio.