Paolo Rodà, tredicenne vittima innocente della faida di Motticella
Il 2 novembre 2004, Paolo e il padre Pasquale furono uccisi da un commando armato mentre coltivavano il loro terreno

Paolo Rodà aveva 13 anni quando insieme al padre Pasquale fu assassinato da un commando armato il 2 novembre 2004 a Bruzzano Zeffirio, nel territorio della Locride, provincia di Reggio Calabria. Il ragazzo si trovava con il padre e il fratello in un podere agricolo di loro proprietà, intento a svolgere lavori di cura del terreno, curando api e animali. Non fecero nemmeno in tempo a reagire: le luci si spensero, il motore dell’auto si fermò, e dal buio scese l’agguato. Paolo fu colpito mortalmente; il padre e il fratello riuscirono a salvarsi fuggendo dall’attacco.
Le ragioni e la faida di Motticella
L’omicidio si inserisce nel più ampio e violento contesto della faida di Motticella, scaturita da contrasti criminali tra famiglie della ‘ndrangheta. Anni di regolamenti di conti avevano già mietuto diverse vittime, ma la vicenda di Paolo segnò un punto di non ritorno per la comunità locale. La morte del ragazzo, innocente, divenne simbolo dell’inarrestabilità della violenza mafiosa, specialmente quando essa tocca le vittime più fragili.
Le indagini e gli sviluppi
Le indagini successive al duplice omicidio (Paolo e Pasquale) sono state condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria con supporto di Polizia e Carabinieri. Nel corso degli anni furono individuati sospettati e mandanti, con il presunto capobastone Alessandro Rodà ritenuto figura centrale nell’organizzazione criminale collegata alla faida.
L’eredità del dolore e della memoria
Paolo Rodà non è solo un nome nei registri delle vittime di mafia: la sua storia serve da monito, un richiamo alla necessità di giustizia, legalità e impegno collettivo. La famiglia Rodà, assieme alle comunità locali, ha cercato da allora di mantenere viva la memoria del ragazzo, testimonianza della barbarie subita e della necessità di prevenire simili tragedie in futuro.