Girolamo Marino
Girolamo Marino

La sera del 22 ottobre 1988 il dottor Girolamo “Gino” Marino, 44 anni, primario facente funzioni del reparto di Chirurgia dell’ospedale di Locri, viene vittima di un agguato: mentre stava rientrando verso casa dall’ospedale, ignoti sparano alla gomma della sua auto, lo costringono a fermarsi e lo colpiscono ripetutamente alla testa e al torace. All’alba del giorno successivo viene annunciata la sua morte. Le indagini indicano che il movente sia legato alla sua attività professionale: circa 48 ore prima era intervenuto su una bambina di quattro anni che – dopo un intervento chirurgico riuscito – era però entrata in coma e poi era deceduta. Questa circostanza viene ritenuta il possibile stimolo dell’agguato.

Contesto locale e infiltrazioni criminali nella sanità pubblica

L’omicidio si inserisce in un contesto territoriale complesso, dove il sistema sanitario dell’Area Locride-Aspromonte era segnato da infiltrazioni della criminalità organizzata, minacce e intimidazioni verso i medici e il personale sanitario. Il caso del dottor Marino rappresenta una pagina drammatica della storia della sanità calabrese, in cui la dignità del lavoro medico viene messa a rischio da pressioni esterne e dalla logica della vendetta. Le autorità processuali ritengono che il bersaglio dell’agguato fosse il professionista medico non in virtù della sua identificazione con un clan, ma proprio per il suo ruolo pubblico e autonomo nell’esercizio della cura.

La memoria della vittima e la ricerca di giustizia

Il processo che seguì portò, il 3 luglio 1991, alla condanna di 24 anni di reclusione per uno dei presunti mandanti, ma non tutte le responsabilità risultano chiarite e l’intera verità sul crimine resta in parte ancora da accertare. Il dottor Marino è oggi ricordato come vittima della ‘ndrangheta e della mancanza di tutela del servizio sanitario pubblico in un territorio vulnerabile. La sua vicenda solleva interrogativi sul ruolo delle istituzioni e delle comunità nel proteggere chi opera per la salute pubblica.

Riflessioni e prospettive per il futuro

La tragedia del dottor Marino richiama una questione di grande respiro: quanto sono adeguatamente protetti i professionisti della sanità nei territori segnati dall’illegalità? Quale impegno concreto delle istituzioni regionali, nazionali e della società civile per garantire che il diritto alla salute, alla cura e al lavoro non vengano sacrificati di fronte alla prepotenza della criminalità? Oggi la sua storia è un monito affinché la memoria non resti passiva, ma spinga a rafforzare la tutela del servizio pubblico e a difendere la dignità di chi cura, consapevoli che il rispetto della vita è la base di ogni società sana e libera.