In Italia il numero di comuni interessati da pericolosità per frana elevata e molto elevata e per rischio idraulico e medio sono 7.983, ovvero il 91,1% del totale, e la superficie delle aree pericolose è pari a oltre 300mila kmq e supera il 16% di tutto il territorio italiano. Sono alcuni dei dati emersi in occasione della convention nazionale sul dissesto idrogeologico organizzata a Roma da Sigea, società italiana di geologia ambientale, presso la sede del Cnr. E ancora: delle risorse effettivamente erogate alle Regioni a partire dal 2017, solo il 19,9% del totale complessivo (pari a 100 milioni di euro) andato in dotazione al Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto idrogeologico è stato utilizzato. Inoltre, dal 2000 al 2018 in Italia ci sono stati 417 morti, 21 dispersi, 679 feriti e 159.184 evacuati e senza tetto a causa del dissesto idrogeologico.

Il problema c’è, e viene da lontano, secondo quanto descritto già nel 2015 dalla Corte dei Conti: «L’abbandono dei terreni montani, il disboscamento, la forte espansione edilizia soprattutto negli anni Settanta e Ottanta, la costruzione, spesso abusiva, sui versanti a rischio, la mancata pulizia dei corsi d’acqua, la forte antropizzazione e la cementificazione di lunghi tratti dei fiumi e dei torrenti contribuiscono all’aumento dell’esposizione della popolazione al rischio idrogeologico e ad alluvioni». Il problema, continua la magistratura contabile, è «che la politica di tutela del territorio continua a destinare ancora la gran parte delle risorse disponibili, che restano comunque scarse, all’emergenza».