Il caso Straccia: una vita spezzata e il sospetto dell’ndrangheta
La tesi dello scambio di persona, le archiviazioni contestate e la battaglia per la verità

Roberto Straccia, studente universitario originario della provincia di Fermo, scomparve il 14 dicembre 2011 mentre era in jogging sul lungomare di Pescara. Dopo settimane di ricerche, il suo corpo fu recuperato il 7 gennaio 2012 sul litorale di Bari Palese, in condizioni che evidenziarono segnali contraddittori rispetto all’ipotesi iniziale di annegamento.
Fin dal principio, molte perplessità sorsero attorno alla dinamica: la distanza tra il luogo della scomparsa e quello del ritrovamento, la coerenza degli elementi anatomici, l’assenza di segni evidenti di aggressione. La famiglia, guidata dal padre Mario Straccia, si oppose fin dal primo momento alla spiegazione ufficiale del suicidio o dell’incidente, chiedendo che fosse valutata la pista del delitto di mafia.
Tesi del delitto: scambio di persona e pista calabrese
Negli anni, uno scenario alternativo ha preso corpo. Secondo la famiglia e alcuni legali, Roberto sarebbe stato vittima di un omicidio di stampo mafioso, scambiato per un altro giovane che aveva una somiglianza fisica con un membro di una cosca calabrese coinvolta in conflitti nei territori pugliesi. Questa ipotesi — la tesi dello scambio di persona — trova alimentazione in alcune intercettazioni raccolte da collaboratori di giustizia, che farebbero riferimento a un delitto pianificato in nome di un errore d’identità.
Una delle intercettazioni centrali risalente al 2011 sarebbe relativa a una conversazione che menzionava una “cosa da fare”, in un contesto che all’epoca gli inquirenti avrebbero interpretato come riferita a Roberto. In particolare, la fidanzata di un pentito di ’ndrangheta avrebbe parlato di un possibile coinvolgimento del giovane, di cui si stava facendo un “errore” nella consegna del destino criminale. Queste audizioni, però, rimasero a lungo in ombra a causa di ritardi e resistenze procedurali.
Iter giudiziario e archiviazioni
Il caso Straccia è passato attraverso quattro Procure: Pescara, Bari, L’Aquila e Campobasso. Nel 2013 la Cassazione confermò l’archiviazione originaria, orientata verso la tesi del suicidio o morte accidentale. In seguito, la famiglia presentò opposizioni e ricorsi basati su nuove prove, intercettazioni e anomalie procedurali.
Nel 2018 la Cassazione annullò l’archiviazione senza rinvio per violazione del contraddittorio, e nel 2019 il Gip riaprì le indagini, ordinando accertamenti su elementi mai sufficientemente valutati prima, compresi tabulati telefonici mancanti e spostamenti non chiariti. Da allora, il fascicolo finì nelle mani della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, che assume competenza per i profili connessi al reato di mafia.
Le opposizioni della famiglia non si sono mai esaurite: il padre ha ripetutamente contestato le motivazioni scientifiche addotte, la gestione degli atti, la scelta di trascurare prove ritenute cruciali. In numerosi momenti, la battaglia è stata anche civile, con richieste ufficiali di riapertura e solleciti istituzionali.
Crisi delle certezze e richieste di verità
A distanza di oltre un decennio dalla morte, l’interrogativo centrale rimane: se Roberto non fosse stato vittima di un suicidio, chi e perché lo avrebbe voluto morto? La tesi dello scambio di identità introduce nella vicenda un forte elemento di premeditazione, che colloca il caso in un contesto criminale e mafioso.
Per la famiglia, ogni omissione nei tabulati, ogni ritardo investigativo, ogni silenzio istituzionale ha rappresentato un’ulteriore ferita. Seppure in un percorso reso tortuoso da archiviazioni e rinvii, oggi si attende la possibile notifica di avviso di conclusione indagini, con contestazione del reato di omicidio aggravato dalla mafia ai potenziali responsabili, in base alle indagini della Dda di Bari.
Il padre: «Se era scambio di persona, mio figlio avrebbe potuto essere salvato». Questo interrogativo accompagna l’intero caso, che rimane un’emergenza morale e giudiziaria. Per la comunità, per la giustizia e per chi crede che ogni verità debba essere accertata, Straccia non deve restare un nome disperso nel buio dell’impunità.