La Direzione Investigativa Antimafia di Bologna ha eseguito l’arresto degli imprenditori cutresi Domenico e Gaetano Oppido, condannati in via definitiva dalla Cassazione nell’ambito del processo “Grimilde”. Le pene inflitte sono rispettivamente di 6 anni e 4 mesi e di 3 anni e 8 mesi di reclusione. Entrambi sono accusati di truffa aggravata dall’aver agito per agevolare un’organizzazione mafiosa, nello specifico la cosca Grande Aracri di Cutro, da anni radicata tra Calabria ed Emilia-Romagna.

La truffa e i legami con la cosca

Secondo le indagini, gli Oppido avrebbero ideato un complesso raggiro costruendo una falsa sentenza che appariva emessa dalla Corte d’Appello di Napoli. Con questo documento contraffatto sarebbero riusciti a ingannare il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ottenendo l’erogazione di 2,25 milioni di euro a favore di una società a loro riconducibile. Una cifra destinata, secondo gli inquirenti, a essere spartita non solo tra i due imprenditori ma anche con esponenti di rilievo della ‘ndrangheta.

L’operazione “Grimilde”

Il procedimento “Grimilde”, portato avanti dalle autorità giudiziarie emiliane, aveva già svelato l’esistenza di una struttura criminale attiva in Emilia-Romagna, con solidi legami con la cosca Grande Aracri. L’inchiesta aveva permesso di documentare la penetrazione economica e sociale della criminalità organizzata calabrese nel Nord Italia, confermando ancora una volta la capacità della ‘ndrangheta di infiltrarsi in diversi settori produttivi.

Confisca di beni e sviluppi futuri

Nei confronti degli Oppido è stato inoltre disposto un provvedimento di confisca in primo grado di beni di ingente valore, emesso dal Tribunale di Bologna. Si tratta di un sequestro che, pur non essendo ancora definitivo, rappresenta un ulteriore tassello nella strategia di aggressione ai patrimoni accumulati illecitamente.

Con gli arresti di oggi si chiude un capitolo giudiziario che mette in evidenza, ancora una volta, il ruolo delle cosche calabresi nel tessuto economico nazionale e la determinazione dello Stato nel contrastarne l’espansione.