Locri, 2004: solo amore. Ucciso perché "non doveva innamorarsi"
Massimiliano Carbone, giovane imprenditore, assassinato sotto casa dopo una relazione proibita

Il 17 settembre 2004, sulla soglia di casa a Locri, un colpo di lupara spezzò tragicamente la vita di Massimiliano Carbone, un giovane imprenditore di circa 30 anni e titolare di una cooperativa che impiegava anche ragazzi disabili. Rientrava da una partita di calcetto quando venne colpito alla pancia. Trasportato immediatamente in ospedale, lottò per sei giorni tra la vita e la morte, fino al 24 settembre: giorno del compleanno di sua madre, Liliana, a cui pronunciò come ultime parole: «Prenditi cura di mio figlio».
Un "delitto d'amore" che grida giustizia
La causa dell'omicidio fu presto identificata in una relazione amorosa: Massimiliano aveva avuto una storia con una donna sposata, legata al clan Cordì. Una relazione che, secondo pentiti, sarebbe stata inaccettabile per la criminalità locale e ha dunque scatenato la vendetta fatale.
Vent'anni senza verità né colpevoli
Anni di indagini, depistaggi, silenzi e omertà hanno caratterizzato il proseguimento dell’inchiesta. A oggi, i mandanti e gli esecutori materiali dell'omicidio restano impuniti. Liliana Carbone, la mamma di Massimiliano, continua da tempo a denunciare la superficialità delle indagini e la persistente assenza di giustizia.
Un nipote e la battaglia per la verità
Anche dopo tanti anni, lo Stato non ha ancora riconosciuto ufficialmente il figlio avuto da Massimiliano: Alessandro, oggi venticinquenne, è figlio del giovane imprenditore secondo le sentenze civili definitive del tribunale di Locri e della Corte d'appello di Reggio Calabria. Tuttavia, l’anagrafe comunale non ha ancora recepito tale verità, malgrado l’ordine giudiziario. Questa omissione alimenta il dolore e la frustrazione della madre, che ha perso anche l’avvocatessa che per anni ha lottato al suo fianco.
La storia di un ragazzo generoso e innamorato
Massimiliano era ricordato come un giovane generoso: donava il sangue, si appassionava di calcio, amava prendersi cura delle piante e degli animali. Il suo omicidio spegne non solo una vita, ma i sogni di una comunità intera. Vent’anni dopo, il dolore resta vivo e la rabbia per l’ingiustizia non si placa. La sua è una storia che chiede di essere ascoltata fino a conquistarne piena verità.