Il carcere di Torino
Il carcere di Torino

Un uomo di 73 anni, originario della Calabria, è protagonista di una vicenda che lascia attoniti: da circa tre anni si è letteralmente “murato” nella sua cella nel carcere di Torino, rifiutando di uscirne. La sua storia è emersa grazie alla denuncia di Filippo Blengino, segretario nazionale di Radicali Italiani, che dopo una visita ispettiva insieme ad alcuni rappresentanti di Azione ha definito la condizione del detenuto “indegna, disumana e degradante”.

L’isolamento e le fobie

Secondo quanto riferito, il detenuto esce solo in occasione di Trattamenti Sanitari Obbligatori. L’uomo soffrirebbe di gravi fobie, tra cui una forte ossessione per la polvere. Viene descritto come un “maniaco della pulizia”: emblematico l’episodio in cui avrebbe lavato dei pomodori con il detersivo per i panni, non fidandosi delle condizioni in cui gli erano stati consegnati. Tuttavia, la cella in cui vive, isolato e con le pareti coperte di carta stagnola, emanerebbe un odore insopportabile, segno delle gravi contraddizioni che segnano il suo stato di salute psichica.

Un calabrese prigioniero di se stesso

L’uomo, che in passato aveva lasciato la sua terra d’origine per trasferirsi altrove, oggi vive rinchiuso in una condizione che appare sempre più incompatibile con la detenzione. La luce filtra appena da una feritoia, mentre la porta blindata viene lasciata socchiusa per offrirgli la possibilità di uscire: possibilità che non ha mai voluto cogliere.

La denuncia e la richiesta di intervento

Blengino ha ribadito che “il suo stato psichiatrico è del tutto incompatibile con la detenzione” e ha sollecitato un intervento immediato. La vicenda non solo riaccende i riflettori sulla situazione delle carceri italiane, ma mette in evidenza le condizioni di chi, come questo calabrese di 73 anni, vive una doppia prigionia: quella delle sbarre e quella della propria mente.