Condofuri, il caso della professoressa condannata e il nodo del precariato scolastico in Calabria
La truffa ai danni dello Stato e le falle di un sistema che lascia i docenti in bilico

Il caso esploso a Condofuri, con la condanna a 2 anni e 8 mesi inflitta a una professoressa per truffa ai danni dello Stato, non è soltanto la cronaca di un reato individuale. È anche lo specchio di un sistema scolastico fragile, dove le crepe storiche del precariato rischiano di trasformare episodi isolati in simboli collettivi.
Il caso: certificati falsi e stipendi indebitamente percepiti
Secondo quanto accertato dal Tribunale di Locri, la docente – con incarichi a tempo determinato in istituti della provincia di Rimini tra il 2019 e il 2022 – avrebbe presentato circa 35 certificati medici falsi, redatti da due professionisti compiacenti, anch’essi condannati. Le diagnosi attestavano terapie salvavita mai riscontrate, con l’obiettivo di giustificare lunghe assenze dal servizio.
Il danno stimato per lo Stato è stato di circa 50.000 euro, somma percepita senza alcuna attività lavorativa. Alla condanna penale si aggiungono una multa di 1.200 euro e le spese processuali.
Precariato e fragilità del sistema scolastico
Se da un lato il comportamento della docente resta una responsabilità individuale, dall’altro non si può ignorare il contesto in cui episodi del genere si inseriscono: quello di una scuola italiana – e calabrese in particolare – schiacciata dal precariato cronico.
In Calabria, migliaia di insegnanti vivono una carriera frammentata, tra incarichi annuali e supplenze brevi, con stipendi bassi e continui trasferimenti. Spesso vincitori di concorsi e abilitati restano senza cattedra stabile per ritardi burocratici e lentezze amministrative. La precarietà, oltre a incidere sulla qualità della didattica, genera sfiducia e tensione.
Le crepe nei controlli
Il caso di Condofuri ha messo in evidenza anche un altro punto critico: i meccanismi di controllo. Com’è stato possibile che decine di certificati medici falsi siano passati inosservati? Perché non sono scattati prima allarmi e verifiche?
La mancanza di sistemi rapidi di incrocio dati tra scuole, ASL e uffici scolastici regionali rende vulnerabile l’intero settore. A pagarne il prezzo, oltre alle casse pubbliche, è la credibilità della scuola stessa.
Non solo “mele marce”
È importante chiarire che episodi come quello di Condofuri non devono diventare un’etichetta per l’intera categoria. La grande maggioranza dei docenti calabresi – e italiani – porta avanti il proprio lavoro con professionalità, spesso in condizioni difficili.
Ridurre il tutto a “una categoria di fannulloni” sarebbe un grave errore: casi come questo sono eccezioni, ma rischiano di oscurare l’impegno quotidiano di chi tiene in piedi la scuola con sacrificio.
Le possibili soluzioni
Il caso può e deve diventare occasione per rafforzare il sistema: Stabilizzare i precari storici, riducendo il turn over che logora docenti e studenti. Snellire i concorsi e rendere più rapidi i meccanismi di immissione in ruolo. Migliorare i controlli su assenze e certificati, con incroci digitali tra amministrazioni. Supporto psicologico e professionale per gli insegnanti, per ridurre il rischio che la precarietà degeneri in comportamenti distorti.
La condanna della professoressa di Condofuri è una vicenda grave e isolata, ma diventa anche un campanello d’allarme. Non basta indignarsi per la truffa: serve guardare al sistema che l’ha resa possibile.
Il precariato, i controlli carenti e la sfiducia crescente rischiano di trasformare la scuola in un terreno fragile.
Se vogliamo che la Calabria abbia una scuola degna del futuro dei suoi ragazzi, il caso Condofuri deve insegnarci una cosa: non possiamo permettere che le falle del sistema diventino normalità.