Salmone, allevamento intensivo. Foto Animal Equality Italia
Salmone, allevamento intensivo. Foto Animal Equality Italia

Immagini crude, scioccanti, ma necessarie.

È quanto andato in onda su Report, la trasmissione d’inchiesta di Rai 3 che ha acceso i riflettori su una realtà che pochi conoscono o fanno finta di ignorare: gli allevamenti intensivi di salmone in Scozia e Norvegia sono un inferno ambientale e sanitario.
Pesci malati, pidocchi di mare, antibiotici a rotazione, acque contaminate, mortalità altissima. Il tutto confezionato in buste patinate con scritte che parlano di salute, benessere, omega 3.

25% dei salmoni muore prima di arrivare in tavola. Gli altri? Cresciuti nel degrado.

Il dato emerso è agghiacciante: oltre un quarto dei salmoni allevati muore prima ancora di essere pescato.
Quelli che finiscono sui banchi dei supermercati – e sulle tavole italiane – hanno spesso malattie cutanee, deformazioni, parassiti.
In molti casi sono nutriti con farine a base di insetti, oli vegetali, soia e derivati industriali. Di “naturale” resta solo il marketing.

Salmone, allevamento intensivo. Foto Animal Equality Italia
Salmone, allevamento intensivo. Foto Animal Equality Italia

Le etichette? Vague, con codici indecifrabili, origini spesso poco chiare, e slogan che vendono “sano” ciò che sano non è.

E in Calabria? Il paradosso di una regione che ha il mare… e mangia salmone.

Basta entrare in un qualsiasi supermercato o ristorante calabrese: il salmone domina.
Crudo nei sushi. Affumicato negli antipasti. Grigliato nei bistrot. Spalmato nei tramezzini scolastici.
Ma siamo in Calabria. A due passi dal Tirreno e dallo Ionio.
Con una delle marinerie più ricche del Sud Italia.
Eppure il nostro pescato resta invenduto, o parte per il Centro e Nord Italia, dove viene valorizzato.

I numeri che nessuno guarda

Salmone affumicato (da allevamento intensivo): 14–18 €/kg

Salmone fresco per sushi: anche 30 €/kg

Alici calabresi fresche: 3,50–6 €/kg

Sgombro del giorno: 5–8 €/kg

Palamita, sardella, aguglia: sotto i 10 €/kg

Pesce fresco, pescato locale, tracciabile. Ma bistrattato.
In Calabria si preferisce il salmone norvegese in plastica, mentre l’eccellenza locale viene spedita altrove, spesso per essere consumata (e pagata il giusto) da chi ha imparato a riconoscerne il valore.

Siamo davanti a un cortocircuito culturale ed economico

Il servizio di Report ha mostrato quello che tutti dovremmo vedere: il prezzo nascosto del salmone importato.
Non solo in termini di salute, ma di ambiente, diritti degli animali, tracciabilità.
E il paradosso calabrese è servito: compriamo caro un pesce allevato nel fango, ignoriamo quello pescato nel nostro mare, e permettiamo che l’economia della pesca locale venga demolita dalla moda del sushi industriale.

Il pesce azzurro: povero nel prezzo, ricco in tutto il resto

Alici, sgombri, sardine, palamite, aguglie… sono il vero tesoro del mar calabrese. Ricchi di omega 3. Sostenibili. Economici. Freschissimi. Ma senza marketing. Senza spot. Senza packaging dorati. E così, ogni giorno, le cassette si svuotano a prezzi ridicoli. I pescatori locali faticano. I ristoratori tacciono. I consumatori pagano, e male. Per un pesce che viene da 3.000 km di distanza, cresciuto nel buio di una vasca.

Scegliere consapevolmente è un atto politico

Il servizio di Report ha fatto ciò che ogni inchiesta dovrebbe fare: aprire gli occhi. Ora la scelta è nostra. Ogni euro speso può essere un voto per la salute, per il territorio, per la dignità del nostro mare. Perché sì, il salmone potrà anche sembrare più “moderno”. Ma il nostro pesce azzurro è vero. È fresco. È calabrese. Ed è ora di riportarlo nei nostri piatti. E nel nostro orgoglio. Immagini crude, scioccanti, ma necessarie. È quanto è andato in onda su Report, la storica trasmissione d’inchiesta di Rai 3, che ha acceso i riflettori su quello che pochi sanno (o fingono di non sapere): il mondo degli allevamenti intensivi di salmone in Scozia e Norvegia è una bomba biologica, fatta di pesci malati, pidocchi di mare, antibiotici, acqua contaminata e morti a migliaia.

Codici indecifrabili, pesci deformi, confezioni patinate

La denuncia parte da un dato allarmante: oltre il 25% dei salmoni muore prima ancora di arrivare al banco del supermercato.
E quelli che ci arrivano? Spesso sono cresciuti in condizioni di sovraffollamento, con malattie cutanee evidenti, infestazioni e alimentazione modificata (fino a includere farine di insetti o derivati vegetali “mascherati”).

Salmone, allevamento intensivo. Foto Animal Equality Italia
Salmone, allevamento intensivo. Foto Animal Equality Italia

Sulle confezioni, però, tutto tace: etichette vaghe, codici di provenienza impossibili da leggere, e marketing che dipinge un prodotto “sano e ricco di omega 3”. Ma cosa c’è davvero dietro quelle fettine rosate sottovuoto?

In Calabria, il salmone domina. Ma a quale prezzo (economico e ambientale)?

Basta un giro tra i supermercati e i ristoranti calabresi: il salmone è ovunque.Crudo nei sushi. Affumicato negli antipasti. Grigliato nei secondi piatti. Spalmato nei tramezzini delle mense scolastiche. Eppure, siamo in Calabria. A due passi dal mare. Con un patrimonio ittico straordinario che... non mangiamo più.

Il confronto: prezzi che fanno riflettere

Un filetto di salmone norvegese affumicato (da allevamento intensivo) si trova in offerta a 14-18 euro al chilo nei supermercati.

Il salmone fresco per sushi può toccare anche i 30 euro/kg, senza garanzie sulla qualità effettiva. E il nostro pesce azzurro? Alici fresche del Tirreno o dello Ionio: da 3,50 a 6 euro al chilo. Sgombro: tra 5 e 8 euro/kg, fresco, pescato del giorno. Sardella, palamita, aguglia: economiche, ricche di omega 3, poco richieste, spesso destinate all’industria conserviera o esportate al Nord.

Una follia culturale, oltre che alimentare.

Il paradosso calabrese

Mentre importiamo salmone cresciuto in vasche piene di pesci morenti,
i nostri pescatori vendono a fatica il pescato del giorno.
Mentre paghiamo a caro prezzo una fetta di salmone colorato artificialmente,
i nostri mercati locali svuotano cassette di alici a pochi euro.

Mentre facciamo la fila per ordinare un roll al salmone,
dimentichiamo che la cucina calabrese nasce dai pesci azzurri, poveri solo nel prezzo, non nei valori nutritivi.

Meditate, consumatori, meditate

Quello che Report ha mostrato è solo una parte del problema.
Il resto lo costruiamo noi, ogni giorno, quando scegliamo cosa mangiare.

Scegliere un trancio di pesce calabrese significa: sostenere i pescatori locali. Mangiare un prodotto sano, ricco, tracciabile. Valorizzare il mare che abbiamo sotto casa. Evitare l’industria dell’allevamento intensivo

È tempo di cambiare abitudini.
E forse anche coscienza.

Il salmone può anche sembrare più “moderno”, più cool.
Ma il nostro pesce… è vero.
È fresco.
Ed è calabrese.