Antonino Scopelliti
Antonino Scopelliti

Sono diventati venti gli indagati per l’omicidio del giudice Antonino Scopelliti, assassinato il 9 agosto 1991 a Campo Calabro mentre si apprestava a rappresentare l’accusa nel maxi-processo contro Cosa Nostra davanti alla Corte di Cassazione. Un omicidio strategico, cruento e simbolico, che torna oggi d'attualità con nuovi clamorosi sviluppi giudiziari.

Alla lista dei primi 17 indagati, notificati nel 2019 dopo il ritrovamento del fucile usato nell’agguato grazie alle dichiarazioni del pentito Maurizio Avola, si aggiungono ora nomi pesantissimi della criminalità organizzata calabrese e siciliana.

I nuovi indagati: il gotha delle mafie

I nuovi nomi contenuti nel decreto di perquisizione eseguito di recente dalla Squadra Mobile a Messina includono figure di primissimo piano della 'ndrangheta reggina: Pasquale Condello, detto “Il Supremo”, Giuseppe De Stefano, Giuseppe Morabito, noto come “U tiradrittu”, Luigi Mancuso, Giuseppe Zito e Franco Coco Trovato, storico boss della ‘ndrangheta in Lombardia.

Tra i citati nel documento anche Benedetto “Nitto” Santapaola, boss catanese, nei confronti del quale però “non si può procedere perché già assolto” per lo stesso delitto.

Anche Matteo Messina Denaro, Giovanni Tegano e Francesco Romeo, già deceduti, risultano iscritti nel registro degli indagati, a testimonianza del tentativo della Dda di ricostruire per intero l'organigramma e il mosaico criminale dietro l’assassinio.

La cabina di regia e l’ombra di Totò Riina

Secondo la ricostruzione dei magistrati reggini, firmata dal procuratore Giuseppe Lombardo e dal sostituto della Dda Sara Parezzan, il delitto Scopelliti sarebbe stato deciso durante una riunione svoltasi a Trapani nella primavera del 1991, cui avrebbero partecipato vertici delle due organizzazioni mafiose.

Il mandato omicidiario – si legge nel provvedimento – proveniva direttamente da Totò Riina, che incaricò Matteo Messina Denaro di organizzare l’esecuzione. Messina Denaro, a sua volta, riceveva informazioni sulle abitudini del giudice direttamente da Salvo Lima, l’eurodeputato della Democrazia Cristiana ucciso a Palermo nel marzo del 1992 in un agguato che segnò il definitivo strappo tra Cosa Nostra e i referenti politici dell’epoca.

Un informatore locale e il ruolo di Avola

Il pentito Maurizio Avola, la cui collaborazione ha dato nuovo slancio all’indagine, ha fornito agli inquirenti dettagli sulle modalità esecutive del delitto e sul ruolo di un informatore locale non ancora identificato, che avrebbe seguito costantemente i movimenti del giudice Scopelliti per avvisare il gruppo d'assalto.

Secondo quanto riferito da Avola, Messina Denaro avrebbe supervisionato direttamente la fase operativa dell’attentato, confermando così un legame diretto tra il futuro "superlatitante" di Castelvetrano e i vertici della ‘ndrangheta reggina.

Una verità ancora in costruzione

L’omicidio Scopelliti rappresenta uno dei passaggi più oscuri e strategici della guerra che Cosa Nostra dichiarò allo Stato nei primi anni ’90. La nuova ondata di indagati dimostra che la procura reggina intende risalire fino ai vertici più alti delle consorterie mafiose, anche a trent’anni di distanza.

La verità giudiziaria è ancora in costruzione, ma le indagini guidate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria sembrano decise a riaprire tutti i dossier e scoperchiare l'intera architettura criminale e politica che portò all’eliminazione di uno dei magistrati più promettenti della Cassazione.

Per il giudice Antonino Scopelliti – figura silenziosa, ma determinata – la giustizia sembra essere tornata a bussare. Anche se, come spesso accade in Calabria e Sicilia, con un ritardo che brucia.