Il Ddl concorrenza è legge
La nuova Legge sulla Concorrenza punta ad aprire i mercati e stimolare la produttività, ma il successo dipenderà dalla capacità dello Stato e degli enti locali di applicarla senza distorsioni e rendite di posizione
La Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza non rappresenta mai un semplice provvedimento ordinario, ma l'espressione di una volontà politica volta a sbloccare potenziali di crescita strutturali nell'economia del Paese, spesso frenati da rendite di posizione e barriere normative consolidate. Agendo come leva essenziale nell'ambito degli impegni assunti con l'Unione Europea, e in particolare con il PNRR, il Disegno di Legge (DDL) in esame mira a innescare un aumento di produttività a lungo termine. Tuttavia è cruciale analizzare non solo le promesse di efficienza, ma soprattutto i rischi concreti e le criticità di implementazione che potrebbero vanificare i benefici attesi.
Concessioni pubbliche e apertura dei mercati
Il DDL si concentra su settori nevralgici, partendo dalle concessioni pubbliche, il cui rilascio tramite gara ad evidenza pubblica viene reso obbligatorio, con l'obiettivo di superare il sistema dei rinnovi taciti o diretti. Un punto chiave è l'obbligo, per i concessionari esistenti, di affidare tramite gara una quota significativa (tra il 50% e il 60%) dei contratti di lavori, servizi e forniture. Questa misura è il pilastro su cui si basa l'attesa apertura di mercati finora ristretti, promettendo di iniettare una dose di trasparenza e concorrenza che, secondo le stime dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) e i dati OCSE, potrebbe portare a un aumento della produttività del lavoro compreso tra i 3 e gli 8 punti percentuali, grazie all'ingresso di nuovi operatori più efficienti e alla spinta competitiva sui players storici.
Trasporti, sanità e innovazione: i settori chiave della riforma
Parallelamente, interventi mirati riguardano il Trasporto Pubblico Locale (TPL) e i servizi ferroviari regionali, dove si impone una maggiore trasparenza nella programmazione e nell'affidamento dei servizi, riducendo gli affidamenti in house non giustificati e favorendo la messa a gara.
Nel settore sanitario, la riforma interviene sui criteri di accreditamento delle strutture private, privilegiando la qualità, l'organizzazione e la continuità assistenziale, elementi che dovrebbero spostare l'asse competitivo dalla semplice tariffa alla performance effettiva.
Non meno rilevante è l'attenzione all'innovazione, con la revisione della disciplina delle startup innovative (innalzamento dei requisiti di capitale e dipendenti per l'iscrizione), volta a scremare i progetti più solidi e a indirizzare meglio gli incentivi fiscali, e l'istituzione di venture capital per il trasferimento tecnologico.
Infine, sul fronte dei servizi al consumatore e della vigilanza sui prezzi, il DDL rafforza i poteri dell'AGCM, permettendole di imporre misure correttive, sia comportamentali che strutturali, in risposta a distorsioni di mercato, e interviene sul monitoraggio dei prezzi da parte delle Camere di Commercio, combattendo fenomeni come la "shrinkflation".
I rischi di implementazione e la capacità amministrativa
Tuttavia, l'analisi economica non può prescindere da una valutazione rigorosa dei rischi.
Il primo e più grande rischio è quello dell'implementazione e della capacità amministrativa. Molte delle liberalizzazioni, in particolare quelle relative ai Servizi Pubblici Locali (SPL) e al TPL, dipendono dalla volontà, dalla competenza tecnica e, soprattutto, dall'integrità degli enti locali (Comuni e Regioni) nel gestire gare complesse. Storicamente, l'Italia ha mostrato una forte disomogeneità nella governance locale, con il concreto pericolo che l'introduzione di un obbligo di gara si traduca non in un'apertura competitiva, ma in una complessa manovra burocratica che, per inesperienza o per disegno, favorisca l'incumbent o la creazione di monopoli privati più grandi e meno controllabili. La critica sindacale (CGIL), ad esempio, evidenzia giustamente come il processo di pura liberalizzazione non orientato da una forte regia pubblica possa generare diseconomie e accrescere il divario di qualità dei servizi tra le aree più dinamiche del Nord e quelle più svantaggiate del Sud, dove i mercati sono meno attraenti per gli investimenti privati.
Il pericolo della cattura regolatoria
Il secondo rischio è la cattura regolatoria (regulatory capture). Le imprese dominanti nei settori come le concessioni autostradali o i servizi pubblici, forti di una superiore capacità tecnica e finanziaria, possono influenzare le specifiche dei bandi di gara e i modelli economico-finanziari per preservare di fatto le loro posizioni di rendita. L'obbligo di esternalizzazione di una quota di lavori (50-60%) per i concessionari esistenti, sebbene lodevole nel principio, richiederà una vigilanza stringente per assicurare che non si risolva in subappalti opachi o affidamenti a società amiche che non apportano una reale concorrenza. Il segnale di allarme è chiaro: non è la legge in sé a creare concorrenza, ma la sua applicazione in un contesto di debolezza amministrativa diffusa.
Liberalizzazione o vantaggio per i grandi operatori?
Infine, sul piano politico-economico, sussiste il rischio che il DDL, pur nascendo con l'obiettivo di tutelare il cittadino-consumatore, si riveli, come già criticato per analoghe leggi del passato, uno strumento scritto su misura per i grandi players. L'attenzione ai requisiti di capitale per le startup, se non bilanciata, rischia di escludere l'innovazione "garage" in favore di progetti già ben finanziati. Le misure nel settore assicurativo, per quanto volte a favorire la mobilità della domanda, devono essere sufficientemente incisive da contrastare l'inerzia e l'asimmetria informativa che storicamente favoriscono le grandi compagnie a danno del contraente debole.
Conclusioni: una legge ambiziosa, ma la sfida è nell’attuazione
In conclusione, la Legge sulla Concorrenza è uno sforzo necessario e fondamentale, soprattutto in adempimento ai milestones del PNRR, che crea il framework per un'economia più efficiente. Tuttavia, la dimostrazione logica impone di riconoscere che la mera esistenza di una legge non garantisce il successo. Il vero valore economico e finanziario della riforma si misurerà sulla capacità del sistema Paese di superare la resistenza degli stakeholder tradizionali, di dotare gli enti locali della capacità tecnica necessaria per gestire il quantum di gare e di impedire che la concorrenza formale diventi un velo per nuove forme di monopolio privato. Solo un'esecuzione impeccabile e una vigilanza severa, in particolare da parte di AGCM e ART, trasformeranno le promesse del DDL in benefici tangibili per l'intero sistema economico e, in ultima analisi, per gli investitori che scommettono sulla vera modernizzazione italiana.