Un traffico internazionale di droga gestito da una rete criminale sofisticata e radicata tra Lombardia e Calabria è stato smantellato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano. L’indagine ha svelato un sistema di importazione di cocaina dal Sudamerica per un valore superiore a 18 milioni di euro in poco più di un anno. Le indagini sono state condotte dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Milano con il supporto del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata.

La Dda ha ricostruito l’esistenza di un’articolata associazione criminale armata riconducibile a cosche della ’ndrangheta della Locride, in stretto contatto con un clan camorristico satellite dei Di Lauro di Napoli.

Gli arresti e la rete criminale

L’operazione ha portato all’esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere per 12 persone e agli arresti domiciliari per altre 3. Gli indagati avrebbero gestito una rete di traffici con ramificazioni in Nord Europa e Sudamerica, importando consistenti carichi di droga destinati alle piazze di spaccio della Lombardia.

Secondo il procuratore di Milano Marcello Viola, è stata ricostruita «una rete criminale strutturata e operativa tra Milano, la Calabria e Napoli, capace di sfruttare contatti con organizzazioni albanesi e gruppi criminali campani». La droga veniva poi distribuita al dettaglio e i proventi reimpiegati in circuiti finanziari esteri per il riciclaggio internazionale.

Comunicazioni criptate e finanza illegale

Uno degli elementi chiave dell’inchiesta riguarda l’utilizzo, da parte dei trafficanti, di sistemi di messaggistica criptata e piattaforme blindate per organizzare i carichi di droga e sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine. Attraverso Europol e l’Ordine Europeo d’Indagine, gli investigatori sono riusciti a decodificare numerose conversazioni dagli smartphone sequestrati, facendo emergere ruoli, movimenti e rapporti tra i vari gruppi criminali.

La rete utilizzava inoltre un sofisticato sistema illegale per il trasferimento del denaro: il “fei ch’ien”, un metodo di compensazione economica informale usato dalla criminalità transnazionale per movimentare enormi somme senza lasciare traccia nei canali bancari ufficiali.

Collaborazioni tra mafie e dimensione transnazionale

Le indagini confermano ancora una volta il ruolo centrale della ’ndrangheta nel narcotraffico internazionale, grazie alla sua capacità di stringere alleanze operative con altre organizzazioni criminali. In questa operazione è emersa una collaborazione stabile con la camorra e legami operativi con bande albanesi attive sulla rotta adriatica. Una struttura capace di approvvigionarsi direttamente dai cartelli sudamericani e di inondare l’Europa di cocaina tramite porti e canali logistici già collaudati.

Il traffico dal Sudamerica

Come emerso dalle indagini del pm della Dda Gianluca Prisco, condotte dal Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, gli arrestati "hanno diretto, finanziato e organizzato" il "traffico internazionale di sostanze stupefacenti dal Sudamerica". L'operazione ha rilevato "l'esistenza di un saldo rapporto tra rappresentanti delle 'ndrine 'Papalia-Carciuto', 'Marando-Trimboli' e 'Barbaro 'U Castanu' e un gruppo criminale di matrice camorristica, satellite del clan 'Di Lauro' di Napoli".    Ogni "componente del gruppo" avrebbe ricoperto "allo stesso tempo un ruolo di fondamentale importanza in altre consorterie ovvero nel campo del narcotraffico di elevato spessore". Ed è stato rilevato "come entrambe le parti in gioco (organizzatori e stabili acquirenti), siano state portavoce di autonome organizzazioni dedite al traffico di cocaina".    Il procuratore Viola mette in luce anche la "caratura criminale dei componenti, tutti legati ad ambienti di criminalità organizzata, diversi dei quali" già arrestati in passato per narcotraffico e associazione mafiosa. Sono in corso perquisizioni nella province di Milano, Pavia e Reggio Calabria "con l'ausilio di unità cinofile cashdog e antidroga". 

Le conversazioni intercettate

Ci sono anche i dialoghi, decodificati dagli investigatori dalle chat criptate, tra Domenico Papalia, figlio del boss ergastolano della 'ndrangheta Antonio Papalia, e Giuseppe Grillo, cognato di Rocco Barbaro al vertice dell'omonima cosca, "interessati a un'importazione di un quantitativo di cocaina dal Sudamerica attraverso" una nave portacontainer diretta nel "porto di Gioia Tauro", negli atti dell'inchiesta della Dda e della Gdf di Milano che ha portato oggi all'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per 12 e ai domiciliari per tre per un narcotraffico internazionale sull'asse 'ndrangheta-camorra.

Come si legge nel provvedimento di oltre 300 pagine del gip Luigi Iannelli, eseguito nelle indagini del Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, è stata applicata la custodia in carcere a molte persone già detenute, tra cui Antonio Barbaro, Bartolo Bruzzaniti, Giuseppe Grillo, e sono finiti in carcere pure Antonio Perre e Michele Papalia. Ai domiciliari, invece, Domenico Papalia e Cosimo Sergi.

Quest'indagine, come emerge dall'ordinanza, è scaturita da un'altra, sempre coordinata dal pm Gianluca Prisco e condotta in quel caso dalla Gdf di Pavia, che aveva al centro la figura di Antonio Rosario Trimboli, "narcotrafficante internazionale", a capo di un "gruppo satellite del clan Barbaro di Platì" ed "elemento di collegamento" con le "famiglie calabresi". Indagine che aveva portato all'arresto del presunto "broker" del traffico di droga, ma anche ad una delle diverse misure cautelari a carico del capo ultrà della Curva Sud milanista, Luca Lucci, già arrestato più di un anno fa nella maxi inchiesta sugli ultras di San Siro.