Giornata mondiale per la lotta all’Aids, i dati

Sono 2.847 le nuove diagnosi di infezione da Hiv registrate in Italia nel 2018, pari a 4,7 nuovi casi per 100mila residenti. Numeri in deciso calo rispetto ai 5,7 casi registrati nel 2017. Sono i dati anticipati da Epicentro, il portale di epidemiologia dell'Istituto superiore di sanità (Iss). L'incidenza maggiore di infezione da Hiv è nella fascia di età 25-29 anni e la principale modalità di trasmissione rimane quella dei rapporti sessuali non protetti
L’incidenza dell'infezione da Hiv è diminuita lievemente negli ultimi anni ma nel 2018 si è osservata un'evidente discesa dei casi in tutte le regioni, con un calo a livello nazionale del 18% circa rispetto ai 3.443 casi registrati nel 2017.. «Nonostante si registri una diminuzione di nuove diagnosi di infezione da Hiv, non dobbiamo abbassare la guardia sulla malattia - sottolinea il sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa -. Sono ancora numerosi i passi da compiere per raggiungere la trasmissione zero del virus dell'Hiv nei prossimi anni».
Incidenza più alta registrata in Toscana, Lazio e Liguria
Tra le Regioni con un numero di abitanti superiore al milione e mezzo le incidenze più alte sono state registrate in Toscana, Lazio e Liguria mentre le persone che hanno scoperto di essere Hiv positive nel 2018 sono maschi nel 85,6% dei casi. L'età media è di 39 anni per i maschi e 38 anni per le femmine mentre, come detto, l'incidenza più alta è stata osservata nelle fasce d'età 25-29 anni (11,8 nuovi casi ogni 100mila residenti) e 30-39 anni (10,9 nuovi casi). "L'Aids, purtroppo ,è ancora presente nella popolazione soprattutto tra i giovani - continua Zampa - che spesso non si rendono conto di quanto sia importante proteggersi nei rapporti sessuali e dei rischi di contagio che corrono. L'uso del preservativo può evitare patologie gravissime e salvare numerose vite".
In Europa più diagnosi in Lettonia e Malta
L'Italia si pone appena al di sotto della media europea dove si registrano 5,3 contagi ogni 100mila abitanti. Nel 2018 sono stati 26mila in nuovi casi nell'Unione europea, sostanzialmente stabili, saliti a 140mila nei 53 paesi della regione europea dell'Oms con un incremento del 40%. In Europa i paesi con più diagnosi sono Lettonia e Malta, con 16,9 e 15,3 casi positivi ogni 100mila abitanti, mentre Slovacchia e Slovenia hanno riportato rispettovamente 1,9 e 1,7 nuove diagnosi per 100mila abitanti. A spingere l'epidemia, sottolinea Andrea Ammon, direttore del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) , è il problema delle diagnosi tardive. «Le donne in generale hanno la diagnosi più tardi rispetto agli uomini - spiega - e più invecchiano più vivono con un'infezione non diagnosticata. Non sappiamo perché, ma sembra che il sistema attuale di testing in Europa sta fallendo con le donne e con gli adulti più in là con l’età».
Metà diagnosi effettuate in fase avanzata della malattia
Nell'Unione Europea, sottolinea il rapporto Ecdc, il 14% di chi è infetto non sa di esserlo, e il 64% delle diagnosi tardive arriva dopo i 50 anni. Anche in Italia, secondo l’Iss, il 57,1% delle nuove diagnosi di Hiv sono state diagnosticata in fase avanzata di malattia. Una persona su tre ha eseguito il test per la presenza di sintomi sospetti, il 14,4% in seguito a un comportamento a rischio, l’11,3% in seguito a controlli per altre patologie, il 9,8% per iniziative di screening o campagne informative, il 9,7% per rapporti sessuali non protetti e il 4% per diagnosi o sospetta infezione sessualmente trasmessa.