Francesco Prestia Lamberti
Francesco Prestia Lamberti

Il 29 maggio 2017, nella zona di Mileto, provincia di Vibo Valentia, il giovane Francesco Prestia Lamberti, appena sedicenne, fu brutalmente ucciso con due colpi di pistola in località Calabrò, nei pressi del rione omonimo. Il ragazzo, noto per la sua passione per il calcio e attivo nelle giovanili locali, non aveva alcun ruolo pubblico che potesse suggerire una motivazione criminale di portata, il che alimenta il senso di incredulità e il dolore nella comunità.

La ricostruzione condotta dagli inquirenti colloca l’omicidio come frutto di una “trappola”: Francesco sarebbe stato attirato in un luogo isolato, dove fu affrontato e colpito. Secondo il reo confesso, Alex Pititto, che all’epoca aveva circa quattordici anni e proveniva da una famiglia con legami sospetti localmente noti, il motivo scatenante sarebbe stato una questione sentimentale — una rivalità legata a una ragazza — ma per gli investigatori restano interrogativi sulla pianificazione, sull’arma e sui presunti complici che l’avrebbero aiutato nel coprire le tracce dell’omicidio.

Il processo e la condanna

Dopo le indagini, il minore accusato si costituì spontaneamente e indicò il luogo del delitto. Il Tribunale per i Minori di Catanzaro lo dichiarò colpevole e lo condannò a 14 anni di reclusione. Nel corso del processo, furono depositate motivazioni che evidenziarono la natura premeditata del gesto, il coinvolgimento di soggetti terzi e il tentativo di depistaggio nel corso delle prime fasi investigative. La condanna suscitò attenzione mediática, non solo per la giovane età dell’imputato ma anche per la richiesta di verità che si levò nei confronti di una comunità stretta tra legami familiari e coraggio civile.

Tuttavia, il percorso giudiziario non ha chiarito tutte le questioni: l’arma del delitto non è mai stata ritrovata, e molti elementi sono stati oggetto di contestazione, sia dalla difesa sia dai familiari della vittima, che chiedono di esplorare ogni ipotesi rimasta aperta.

Le ombre che restano

Il contesto nel quale maturò l’omicidio di Francesco è quello di una realtà con influenza mafiosa forte, dove il rispetto, l’intimidazione e l’appartenenza assumono un significato inquietante anche per i più giovani. La vicenda ha messo in luce il fenomeno delle nuove leve criminali, la pressione esercitata da dinamiche familiari mafiose e la facilità con cui una lite privata può trasformarsi in una condanna alla morte, in un territorio dove armi e rancori possono prevalere sui diritti.

La confessione del giovane Pititto è stata definita dagli inquirenti “parziale”, proprio perché non ha permesso di ricostruire compiutamente le fasi dell’omicidio: la presenza di altri ragazzi sul posto, la trasmissione di ordini, l’effettiva modalità esecutiva sono aspetti che hanno mantenuto zona grigia nella vicenda. Le inchieste successive hanno inserito il caso nell’operazione antimafia denominata “Maestrale-Carthago”, che ha indagato i rapporti strutturali della criminalità locale e le sue ramificazioni.

Il ricordo e la battaglia per la memoria

Ogni anno, nella città di Mileto e nei paesi vicini, si tengono cerimonie, messe e momenti di riflessione in memoria di Francesco. Studenti, associazioni antimafia, famiglie e cittadini si mobilitano per opporsi al silenzio, rivendicare verità e chiedere giustizia fino in fondo. La sua figura è diventata simbolo dell’innocenza ferita e dell’urgenza del contrasto culturale alla violenza e alla rassegnazione.

La famiglia non ha mai smesso di chiedere che il processo sia completato, che ogni ombra venga illuminata, che gli eventuali complici emergano e che l’arma sia rinvenuta. Per loro, per la comunità, Francesco non è soltanto vittima di un delitto, ma emblema della lotta contro una cultura che pretende omertà.

Una storia che interroga

Il caso Prestia Lamberti scuote la coscienza collettiva di una regione che deve confrontarsi con la criminalità che entra nella vita quotidiana dei giovani. Cosa significa crescere in territori dove l’appartenenza criminale può insinuarsi fin nella scelta di un amore adolescente? Come responsabilizzare una cultura che pretende silenzio?

L’omicidio di Francesco ricorda che la violenza mafiosa non risparmia nessuno, che l’educazione alla legalità deve iniziare presto e che la memoria è indispensabile per trasformare il dolore in impegno. Il futuro della Calabria si gioca anche nelle storie come la sua — giovani vite spezzate che chiedono giustizia, e una comunità che non si arrende alla paura.