Sergio Cosmai: il custode della legalità ucciso per aver sfidato la ‘ndrangheta
Direttore carcerario coraggioso, Cosmai fu assassinato nel marzo 1985 per aver cercato di spezzare il potere mafioso dentro e fuori il carcere di Cosenza

Avvocato laureato a Bari, Sergio Cosmai intraprende una brillante carriera nell’amministrazione penitenziaria. Ricopre incarichi di vice direttore nei penitenziari di Trani, Lecce e Palermo e diventa direttore delle carceri di Locri, Crotone e infine Cosenza. Qui, dal 1982, avvia un’opera coraggiosa di ripristino della disciplina, eliminando privilegi ingiustificati concessi ai boss detenuti e vietando aperture pericolose come semilibertà e trasferimenti sospetti.
Il muro contro l’illegalità
A Cosenza, Cosmai applica una rigida vigilanza interna: proibisce la droga, l’uso di armi e blocca appalti sospetti – come quello concessa alla moglie di un detenuto – trasferendo arrestati influenti per ridurne il controllo criminale sul carcere. La tensione cresce significativamente quando rifiuta l’assurda richiesta del boss Franco Perna: incontrarlo di persona nel carcere.
L’agguato mortale
Il 12 marzo 1985, mentre va a prendere la figlia all’asilo, Cosmai viene crivellato sulla SS 19 nei pressi di Rende: undici colpi di pistola calibro 38. Rimane gravemente ferito e muore il giorno dopo durante il tragitto verso l’ospedale di Trani. Il figlio secondogenito nascerà proprio un mese dopo.
Un omicidio organizzato
Le indagini portano in tribunale Nicola e Dario Notargiacomo e Stefano Bartolomeo, con condanna all’ergastolo in primo grado. Dopo la revoca in appello per insufficienza di prove, emergono racconti dettagliati: i killer lo seguivano con cannocchiali nascosti, travestiti con parrucche e barbe finché non hanno colpito.
Un’eredità di giustizia e riconoscimenti
L’impegno di Cosmai non è dimenticato. In suo onore vengono intitolate aule, scuole, palazzetti, vie e un monumento nei pressi del carcere di Cosenza. Il 2 novembre 2017 riceve la medaglia d’oro al merito civile alla memoria, “immolando la propria vita ai più nobili ideali di legalità e giustizia”. Nascono anche eventi commemorativi come un memorial di tennis e concorsi poetici in suo ricordo.
Il simbolo di una battaglia ancora aperta
Cosmai incarna la figura del funzionario pubblico che ha sfidato coraggiose infiltrazioni mafiose, opponendosi a compromessi e connivenze. Il suo sacrificio rimane esempio di integrità civica, ricordandoci che la lotta contro le organizzazioni criminali non può che cominciare dall’interno delle istituzioni.