Non gli era mai successo, nei suoi 54 anni di attività scientifica, di trovarsi di fronte a qualcosa di simile: “L'era dello tsunami dei social media è qualcosa che non avevo mai vissuto prima a questo livello”, dice il più celebre immunologo del mondo, Anthony Fauci, nell’intervista rilasciata al direttore della rivista Science, Holden Thorp.




Manca ormai davvero poco tempo alle sue dimissioni, annunciate nell’agosto scorso, e l'intervista è una riflessione a tutto tondo sul ruolo della scienza nella società, sul corto circuito della comunicazione nella pandemia, sul valore della trasparenza e della responsabilità degli scienziati.





Dopo aver consigliato sette presidenti degli Stati Uniti e dopo 38 anni a capo dell'Istituto americano per allergie e le malattie infettive (Niaid), Fauci si prepara a lasciare entrambi gli incarichi.


Per il futuro ancora nessun programma preciso, ma sicuramente ha ancora voglia di rimettersi in gioco.









Nessuna nostalgia per il passato, ma ha la consapevolezza di avere accumulato un’esperienza unica, che adesso vorrebbe condividere scrivendo, tenendo conferenze e dando consigli, ma “solo se richiesti”.





Guardando al passato, però, è difficile trovare strumenti che permettano di contrastare l’informazione caotica che accompagna la pandemia di Covid-19. Nulla del genere era accaduto nell’altra epidemia che aveva seguito da vicino, quella di Aids.


“La differenza rispetto ad allora è l'impatto enorme dei social media come veicolo di una disinformazione” che è “difficile da contrastare.


Ho sempre detto che il modo migliore per contrastare la disinformazione è inondare il sistema di informazioni corrette, ed è ancora vero, ma si combatte contro una grandissima ondata di disinformazione”. Il rischio, secondo Fauci, è di “perdere la battaglia”.



Tanto più che l’onda di tsunami dei social media ha finito per travolgere anche i ricercatori e, a volte si sono pronunciati a proposito delle misure per contenere i contagi “persone che non sapevano nulla di virologia o epidemiologia”.


E’ come stare in equilibrio su una “linea sottile”, dice ancora Fauci, “trovarsi a respingere affermazioni non basate sull’evidenza” e il rischio è si “essere accusati di arroganza”. Così come è difficile riuscire a spiegare che la scienza è in continua evoluzione.


Per questo, aggiunge Fauci, i ricercatori “dovrebbero imparare a comunicare l’incertezza” e a far capire che, “anche davanti a quello che ora è un fatto reale, bisogna lasciare la porta aperta a un cambiamento, sulla base di nuovi dati”.


La chiarezza e la trasparenza degli scienziati sono, poi, particolarmente importanti quando hanno incarichi governativi: “spesso hanno paura di dire qualcosa, e io dico loro dietro le quinte: qual è il problema? Non perderai il lavoro per aver detto la verità.


Potresti rendere alcune persone un po' preoccupate, ma allora? Non importa. Sii aperto e trasparente". Educare le persone “a una migliore alfabetizzazione scientifica” è un’altra delle priorità indicata da Fauci.




Alla luce di tutto questo, è chiaro che non lo preoccupano molto gli 82 anni che compirà alla vigilia di Natale: “ho ancora energia, passione, entusiasmo e grazie al cielo sono in buona salute” e perciò, “al netto di imprevisti, vorrei scrivere, tenere conferenze e dare consigli a chi me li chiederà”.