Rosarno
Rosarno

Giuseppe Bellocco rappresenta un esempio lampante del potere radicato della ‘ndrangheta: un boss in grado di operare dalla latitanza, orchestrare traffici internazionali e gestire affari strategici attraverso una rete di alleanze criminali. La sua cattura ha rappresentato un duro colpo per la cosca, ma anche una conferma della capacità dello Stato di colpire i vertici dell’organizzazione.

Dagli inizi criminali alla latitanza

Giuseppe Bellocco, nato nel 1948 a Rosarno, è emerso come uno dei principali capi della storica cosca Bellocco, tra le più potenti dell’‘Ndrangheta. La sua carriera criminale inizia almeno negli anni ’70: nel 1974 è arrestato per reati quali estorsione, furto e violenza privata. Negli anni successivi diventa latitante, sfuggendo alla giustizia per oltre un decennio prima della sua cattura nel 2007.

Arresto nel bunker e successione interna

Il 16 luglio 2007, Giuseppe viene arrestato grazie a un’operazione condotta dalla Sezione Anticrimine di Reggio Calabria e dallo Squadrone Cacciatori, mentre si trovava nascosto in un bunker sotterraneo nei pressi di un fienile a Mileto (frazione San Giovanni, Vibo Valentia). L’arresto segna un momento cruciale nella disarticolazione della cosca.

Influenza nel narcotraffico e reti criminali nazionali

Sotto la sua guida, il clan Bellocco ha mantenuto il controllo su una vasta rete di traffici illeciti, occupandosi di spaccio di droga, estorsioni, traffico di armi e controllo del tessuto economico nella Piana di Gioia Tauro. In collaborazione con i clan Pesce e Piromalli-Molè, i Bellocco gestivano appalti pubblici legati al porto di Gioia Tauro e imponevano un “prefisso di sicurezza” sulle merci transitate.

Radicamento nel nord Italia

La cosca Bellocco non si limitava alla Calabria: ha esteso la propria influenza fino alla Lombardia, in particolare nell’area di Varese, dove gestiva canali di narcotraffico, sfruttando rotte internazionali e strutture consolidate sul territorio.