Gabriele preso a morsi
Gabriele preso a morsi

Il caso del piccolo Gabriele, avvenuto in un asilo privato di Palmi, rimane uno degli episodi più gravi e inquietanti degli ultimi anni nel settore dell’infanzia in Calabria. 

Un fatto che ha scosso un’intera comunità, aprendo interrogativi profondi sulla sicurezza dei bambini negli asili privati e sul livello di vigilanza esercitato da chi ha la responsabilità di custodirli.

Secondo quanto accertato dalle indagini della Polizia di Stato di Polistena, coordinate dalla Procura, i reati contestati sono favoreggiamento personale e abbandono di minori. Gli agenti hanno denunciato in stato di libertà il titolare della struttura e tre operatrici dell’asilo nido. Il quadro emerso dall’inchiesta è inquietante: i piccoli sarebbero stati lasciati soli per oltre 40 minuti durante il riposo pomeridiano, senza alcuna sorveglianza.

In quel lasso di tempo il piccolo Gabriele, di appena due anni, sarebbe stato aggredito e morso ripetutamente da un suo coetaneo, riportando ferite su tutto il corpo. A salvarlo sarebbe stato il fratellino, che, rendendosi conto della gravità della situazione, avrebbe cercato aiuto e allertato gli adulti. Una reazione istintiva che, secondo quanto riportato da Calabria News 24, avrebbe potuto fare la differenza tra una tragedia e un dramma evitato per un soffio.

La denuncia dei genitori e l’inizio delle indagini

Tutto inizia quando i genitori del bambino, notando sul corpo del figlio segni di morsi, ecchimosi e ferite compatibili con un’aggressione, decidono di presentare denuncia al Commissariato di Polistena. Lì raccontano ciò che è accaduto e chiedono di fare chiarezza su come sia stato possibile che un bimbo così piccolo subisse lesioni così gravi all’interno di una struttura che avrebbe dovuto garantire sicurezza e tutela.

La denuncia porta gli investigatori della Polizia di Stato a recarsi subito presso l’asilo per verificare le condizioni ambientali, raccogliere testimonianze e, soprattutto, acquisire le immagini delle telecamere di videosorveglianza. Ma è qui che le indagini prendono una piega inaspettata: al momento del controllo, i poliziotti si accorgono che il titolare aveva cancellato l’intera memoria del sistema DVR.

Come spiegato nella nota ufficiale della Polizia di Stato, il titolare aveva scaricato solo una parte delle registrazioni su un supporto esterno, consegnandolo agli agenti. Quelle immagini parziali bastano però a ricostruire una verità già inquietante: i bambini erano stati lasciati soli per oltre 40 minuti durante il riposo pomeridiano, senza alcuna presenza adulta.

40 minuti di silenzio e di dolore

Le registrazioni parziali mostrano una scena di ordinaria negligenza trasformatasi in violenza. Durante quel lungo periodo senza sorveglianza, Gabriele viene aggredito da un suo amichetto, anch’egli di tenerissima età. La ricostruzione fatta dagli inquirenti parla di morsi ripetuti su varie parti del corpo – viso, braccia, schiena – inflitti in modo continuo, mentre nessun adulto interveniva.

Un tempo infinito, quaranta minuti in cui due bambini piccoli, lasciati soli, si trasformano involontariamente in protagonisti di un episodio drammatico che nessuno avrebbe dovuto permettere. Quando finalmente un’educatrice si accorge di ciò che è accaduto, le ferite sul corpo del piccolo Gabriele parlano da sole: il bambino è sotto shock, in lacrime, e il fratellino che ha assistito alla scena cerca di consolarlo.

Secondo quanto ci risulta, le fotografie e i referti medici allegati alla denuncia mostrano una sequenza di morsi diffusi, al punto che in un primo momento i sanitari del pronto soccorso faticano a credere che si tratti di un’aggressione avvenuta tra bambini

L’indagine e le accuse

La Polizia di Stato, dopo aver raccolto i primi elementi, denuncia il titolare per favoreggiamento personale, poiché l’uomo – consapevole della gravità dei fatti – avrebbe tentato di cancellare parte delle prove video. L’eliminazione delle immagini dal DVR, secondo gli inquirenti, rappresenta un chiaro tentativo di ostacolare la ricostruzione dell’accaduto e di alleggerire le responsabilità della struttura.

Le tre operatrici dell’asilo vengono invece denunciate per abbandono di minori, un reato grave che, nel nostro ordinamento, punisce chi lascia senza vigilanza bambini incapaci di provvedere a sé stessi. Gli agenti sottolineano nella loro relazione che “il riposo pomeridiano si è svolto per oltre 40 minuti senza vigilanza”, e che la mancanza di sorveglianza ha reso possibile l’aggressione.

A completare il quadro ci sono le dichiarazioni dei genitori, che raccontano di essere venuti a conoscenza dei fatti solo a distanza di ore, quando il bambino è tornato a casa visibilmente provato e con lesioni diffuse.

Le conseguenze psicologiche e la reazione dell’opinione pubblica

Il caso di Gabriele non ha solo risvolti giudiziari, ma anche umani. Il bambino, seguito da specialisti e psicologi infantili, porta ancora i segni del trauma. Non solo fisici, ma soprattutto emotivi. I genitori, come raccontato in varie interviste, vivono da allora con un senso di impotenza e rabbia, consapevoli che la tragedia avrebbe potuto essere ben peggiore.

Anche la comunità di Palmi è rimasta profondamente scossa. La notizia, rilanciata da Calabria News 24 e da varie testate regionali, ha suscitato un’ondata di indignazione: cittadini, associazioni e genitori hanno chiesto maggiore trasparenza, controlli più rigorosi e linee guida chiare per la gestione dei minori negli asili privati.

Un episodio che riapre il tema della sicurezza negli asili

Ciò che rende il caso di Palmi così grave non è solo la violenza fisica subita da un bambino di due anni, ma il contesto di totale assenza di vigilanza che ha permesso che accadesse. In Italia esistono protocolli precisi sulla sorveglianza nei nidi e nelle scuole dell’infanzia, e il rapporto numerico educatore-bambini è stabilito per legge. Lasciare soli bambini di quell’età per un periodo così lungo costituisce, secondo la giurisprudenza consolidata, una violazione diretta dell’obbligo di custodia e protezione.

Il caso ha quindi aperto un fronte di riflessione più ampio: come garantire la sicurezza effettiva dei più piccoli? E come vigilare sull’effettiva applicazione delle norme nei centri privati?

L’indagine di Polistena ha rivelato non solo una condotta grave e negligente, ma anche una volontà di nascondere la verità. La cancellazione delle registrazioni video e la loro consegna parziale agli investigatori rappresentano un elemento chiave che ha aggravato le posizioni degli indagati.

Il ruolo del fratellino: un gesto che ha salvato una vita

Nella drammaticità dei fatti, emerge anche un elemento di umanità e coraggio. È stato il fratellino di Gabriele, poco più grande di lui, ad accorgersi che qualcosa non andava. Il piccolo, sentendo le urla e vedendo la scena, ha cercato di intervenire e di richiamare l’attenzione degli adulti. Un gesto istintivo che ha probabilmente evitato il peggio.

Secondo quanto riferito dai familiari, quando le educatrici sono arrivate, Gabriele era già coperto di morsi e lividi, ma ancora cosciente. Una circostanza che, con il senno di poi, appare come una tragedia sfiorata.

Resta sullo sfondo un fattore che non può essere trascurato: la scadenza dei termini prescrizionali e procedurali.

 In casi come quello del piccolo Gabriele, aggredito in un asilo di Palmi e denunciato fin dal dicembre 2021, ogni rinvio nella definizione dell’iter investigativo e giudiziario rischia di far perdere terreno al diritto di avere giustizia. Secondo le norme vigenti, infatti, per reati come l’abbandono di minori e il favoreggiamento personale – contestati agli indagati – il decorso del tempo può incidere significativamente sulla possibilità di chiudere positivamente l’accertamento delle responsabilità. In questa prospettiva, l’udienza decisiva fissata per maggio – come segnalato da media calabresi – assume un’importanza duplice: non solo per determinare il senso dell’azione penale, ma anche per evitare che il caso cada nell’oblio delle procedure. La comunità attende risposte non soltanto sui fatti ma anche sul rispetto dei tempi della giustizia: perché ogni giorno che passa è un giorno in meno per la verità.