Il tribunale di Catanzaro
Il tribunale di Catanzaro

Catanzaro, 21 luglio 2025 – Una sentenza che ridefinisce in modo sostanziale il profilo penale dell’inchiesta Jonny è stata emessa oggi dalla Corte d’Appello di Catanzaro, presieduta da Antonio Battaglia con i giudici Paola Ciriaco e Barbara Saccà. In un giudizio bis scaturito dal rinvio disposto dalla Corte di Cassazione nel marzo 2023, i giudici hanno escluso alcune aggravanti — in particolare quelle relative al profitto economico e all’uso di armi — nonché il ruolo di promotori o organizzatori per alcuni imputati, ma confermando il reato di associazione mafiosa per molti altri.

Cosa è successo

L’inchiesta Jonny, iniziata nell’maggio 2017 sotto la direzione della DDA di Catanzaro, aveva puntato i riflettori sulle presunte ingerenze della cosca Arena nei meccanismi amministrativi ed economici di Isola Capo Rizzuto, in particolare nella gestione del Centro di accoglienza per migranti Sant’Anna (il cosiddetto “Cara”). Secondo i PM, quella struttura sarebbe diventata un vero “canale privilegiato” per arricchimenti illeciti tramite appalti, servizi come la mensa, complicità istituzionali e un diffuso condizionamento mafioso. La Cassazione, nel 2023, aveva annullato con rinvio la pronuncia d’appello precedente per difetti nelle motivazioni su alcuni capi d’imputazione e per l’eccessiva ampiezza delle aggravanti attribuite ad alcuni imputati, obbligando ad un nuovo giudizio. 

Cosa cambia con la nuova sentenza

Con la recente pronuncia della Corte d’Appello: Esclusione delle aggravanti relative all’uso di armi e al profitto (utile economico), per molti imputati; non per tutti: alcune accuse restano nel perimetro dell’associazione mafiosa. Pene rideterminate in misura generalmente più lieve, rispetto al primo appello, ma comunque rilevanti. Assoluzioni per alcuni imputati, fra cui spiccano Francesco Bruno e Francesco Arena (classe 1979) che erano indicati in fase istruttoria o nei capi d’imputazione come figure apicali. Conferma del reato di associazione mafiosa per i principali imputati: nonostante le aggravanti escluse in parte, la Corte ritiene sussistenti gli elementi base dell’associazione di stampo mafioso nei rapporti della cosca Arena con gli appalti e le istituzioni del territorio. 

Principali condanne dopo la rimodulazione

Ecco alcuni dei nomi più rilevanti e le pene stabilite:

ImputatoPena rideterminataCosa cambia rispetto al primo appello / condanna precedente
Leonardo Sacco (ex governatore Misericordia)8 anniIn primo appello era stato condannato a 20 anni. Ridotta significativamente, anche in virtù dell’esclusione di alcune aggravanti. 
Don Edoardo Scordio (parroco / gestore di fatto della Misericordia)8 anniAnche per lui ridotta la pena: inizialmente 14 anni e 6 mesi in primo grado; poi ridotta nell’appello. 
Nicolino Gioffrè11 anni e 4 mesiPena rispettabile, fra quelle più alte nel nuovo dispositivo. 
Paolo Lentini10 anni, 11 mesi e 10 giorniAnche per lui significativa riduzione rispetto al passato. 
Altri imputati (familiari Arena, imprenditori, cittadini coinvolti nei servizi al Cara)**pene fra 6 anni e 10-11 anni, variabili secondo il ruolo contestato 

Implicazioni legali, sociali e politiche

La decisione della Corte d’Appello ha varie ricadute: Profilo giuridico più contenuto per alcune imputazioni: l’esclusione delle aggravanti di profitto e uso delle armi riduce la gravità delle pene, anche se non la responsabilità per associazione mafiosa. Aspetti della gestione pubblica e del danno erariale: per Sacco e Scordio la Corte dei Conti ha già disposto un risarcimento pari a circa 34,9 milioni di euro al Ministero dell’Interno, per il danno erariale derivato dall’illecita gestione del Centro di accoglienza. Ripercussioni sulle difese: alcune difese — come quelle di Francesco Bruno — ottengono assoluzioni su capi importanti, il che può cambiare le prospettive, non solo penali ma anche mediatiche e morali, nel territorio. Percezione pubblica e fiducia istituzionale: l’inchiesta Jonny era già molto nota per l’enorme impatto mediatico che aveva sollevato, proprio perché riguardava migranti, appalti, chiesa e potere locale. La riduzione delle pene può suscitare dibattito circa la severità della giustizia nei confronti della mafia “di mezzo”, ossia quella che si infiltra in ambiti civili, religiosi, dell’accoglienza. Scenari futuri e possibilità di ricorso: è molto probabile che le difese ricorrano nuovamente in Cassazione chiedendo la motivazione completa della sentenza, specie per verificare se davvero siano stati rispettati i parametri giuridici per escludere le aggravanti. Potrebbero emergere anche questioni procedurali su prove, testimonianze, ascolti di collaboratori di giustizia. 

Criticità e punti di domanda aperti

Motivazioni integrali: come assai spesso accade, la sentenza dovrà essere letta e studiata nei dettagli, per capire su quale base la Corte abbia escluso le aggravanti e se questa esclusione sia condivisa da tutti i capi d’imputazione. Efficacia della pena nei fatti: pur con pene ridotte, molti imputati erano detenuti già diversi anni; bisognerà vedere quanto del tempo sia già stato scontato. Danno economico e morale rivendicabile dalle parti civili: con i risarcimenti già avviati (Corte dei Conti) e le richieste di risarcimento dalle associazioni. Risvolti nella politica locale: in una zona come Isola Capo Rizzuto, il Cara è stato centro di tensioni, interessi pubblici, ma anche di identità locale. La conferma dell’associazione mafiosa mantiene viva la problematica del controllo criminale delle istituzioni civili.

Contesto più ampio: “Cara di Isola Capo Rizzuto”, le mani della ‘ndrangheta sull’accoglienza

L’inchiesta Jonny non è isolata: nasce in un contesto regionale dove il sistema dell’accoglienza – specie nelle strutture più grandi come i Centri di accoglienza per richiedenti asilo – è da anni al centro di denunce per inefficienze, infiltrazioni, sprechi. Isola Capo Rizzuto, uno dei Cara più grandi d’Europa, è stato indicato come esempio di come fondi pubblici ed emergenza migratoria possano diventare terreno fertile per la criminalità organizzata. La sentenza odierna del processo Jonny rappresenta un punto di svolta: riduce le pene per molti imputati, esclude aggravanti pesanti e vede alcune assoluzioni, ma conferma al tempo stesso l’esistenza di un’associazione mafiosa con ramificazioni nell’accoglienza, negli appalti, nelle istituzioni religiose e benefiche.

Non è la fine del processo — potrebbero esserci nuovi gradi di giudizio, ricorsi, motivazioni che sveleranno aspetti finora poco chiari — ma è senz’altro una modifica significativa della percezione giudiziaria e pubblica del caso.