Processo “Jonny”, la Corte d’Appello riduce le condanne: esclusa l’aggravante mafiosa
Sentenza riformulata per decine di imputati dopo il rinvio della Cassazione: pene rimodulate, due assoluzioni e una nuova lettura del ruolo della cosca Arena a Isola Capo Rizzuto

La Corte d’Appello di Catanzaro, presieduta da Antonio Battaglia e con giudici a latere Paola Ciriaco e Barbara Saccà, ha emesso una nuova sentenza nel maxi-processo “Jonny” escludendo le aggravanti mafiose. La decisione è arrivata dopo il rinvio disposto dalla Corte di Cassazione, che aveva accolto diversi ricorsi degli imputati condannati in primo e secondo grado. L’inchiesta, risalente al maggio 2017 e coordinata dalla DDA di Catanzaro, aveva fatto emergere la penetrazione della cosca Arena nei meccanismi economici e amministrativi di Isola Capo Rizzuto, con particolare riferimento alla gestione del Centro di accoglienza per migranti, trasformato in un canale privilegiato di arricchimento per il clan.
Le condanne rideterminate dalla Corte
Alla luce della nuova valutazione, le pene sono state rimodulate per la maggior parte degli imputati. Tra questi, Antonio Francesco Arena (classe 1991) e Francesco Antonio Arena (1980) sono stati condannati a 7 anni ciascuno, mentre Giuseppe Arena (1966) ha ricevuto 10 anni e 4 mesi. Altri familiari dello stesso nucleo, tra cui Giuseppe Arena (1986), Salvatore Arena, Pasquale Arena e Francesco Arena (1960), hanno ricevuto pene variabili tra i 6 anni e gli 8 anni e 4 mesi.
Due imputati, Francesco Arena (1979) e Francesco Bruno, sono stati assolti. Tra le condanne più pesanti, spiccano quelle inflitte a Nicolino Gioffrè (11 anni e 4 mesi), Paolo Lentini (10 anni, 11 mesi e 10 giorni), Francesco Gentile e Giuseppe Foschini (entrambi con oltre 10 anni di reclusione). Altri imputati, come Andrea Guarnieri, Nicola Lentini, Salvatore Nicoscia e Angelo Muraca, hanno ricevuto condanne inferiori ai 5 anni.
Una lunga lista di pene rimodulate
La sentenza ha toccato anche nomi come Fortunato Pirrò, Costantino Lionetti, Luigi Miniaci, Benito Muto, Domenico Nicoscia, Antonio Poerio (classe 1971), Fernando Poerio e Giuseppe Pullano, tutti condannati con pene che oscillano tra i 6 e gli 8 anni e 8 mesi. Tra i condannati figurano inoltre Leonardo Sacco, Domenico Riillo, Francesco Romano, Francesco Taverna e Santo Tipaldi, per i quali la Corte ha stabilito pene comprese tra i 7 e i 10 anni.
In totale, le pene rideterminate riguardano decine di imputati, con una significativa attenuazione rispetto ai giudizi precedenti. La decisione della Corte d’Appello, pur confermando la responsabilità penale per molte delle condotte contestate, ha escluso l’aggravante dell’associazione mafiosa, ridefinendo il profilo giuridico della vicenda e aprendo nuovi scenari per le difese.