Rende (CS), 12 maggio 2025
Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera aperta di una cittadina calabrese, madre e nonna, che ha deciso di rompere il silenzio con un appello forte. Una voce dalla provincia di Cosenza, che grida dolore e delusione verso un sistema giudiziario che — a suo dire — avrebbe dimenticato le vere vittime: i minori.

“Non so come scrivere questa lettera, come esprimere quello che mi urla dentro. So solo che vorrei esprimere ciò che sento con la mia vera essenza, con la delusione e la rabbia che tutto ciò ha provocato in me.
Sono una mamma, una nonna, ma prima di tutto sono una cittadina italiana e, come tale, ho il diritto e il dovere di poter parlare. Principalmente, dovrei essere tutelata e difesa dalle istituzioni, ma sembra che tutto ciò sia solo un’utopia. L’unico modo che mi rimane è scrivere questa lettera come sfogo di disperazione o forse come ultima chance, prima dell’irrimediabile.
Mi chiedo: che cos’è la giustizia? Ho sempre creduto nella giustizia, fondamento che ormai mi è venuto a mancare, perché in quello che ho vissuto, le istituzioni mi hanno lasciata sola.

Se stai zitta, sei omertosa. Se succede il peggio, la colpa è tua perché non hai parlato. Se parli, ti senti dire che stai farneticando.
L’omertà non fa parte del mio essere ed è per questo che continuerò sempre a lottare affinché la verità — parte fondamentale della giustizia — venga alla luce.
In un percorso fatto non solo di sacrifici ma di tanto dolore, mi ritrovo a dire che la giustizia non esiste. In tribunale non vince la verità, ma vince il più forte, il manipolatore, lo stratega. Chi porta avanti la verità con semplicità viene messo all’angolo e distrutto.
Ma avete dimenticato che dietro alle false accuse e alle pene ingiuste ci sono persone. E le loro famiglie. Che ne subiscono le conseguenze. E non solo.
Teatrini e copioni che si ripetono a discapito di chi è la vera vittima.

Poi ci sono le persone che sanno la verità e non parlano per omertà. E con una pacca sulle spalle ti dicono che sanno, che ne sono a conoscenza. Ma così facendo, non portiamo alla luce nulla. La verità va detta. Va urlata. Va detta a chi di dovere.
E poi arrivano le sentenze. Sentenze da brividi che lasciano tutti sgomenti. Settantacinque coltellate non sono riconosciute come crudeltà, e poi si condanna un innocente sulla base di evidenti false accuse, ignorando la testimonianza dell’unico testimone presente ai fatti. E neanche vengono acquisite le prove che ho proposto. E che fanno? Condannano.
Con queste sentenze non date giustizia alle vere vittime: le uccidete una seconda volta.

La violenza non ha genere. E non dovrebbe basarsi su preconcetti. Questo è il vero copione che si ripete.
E cosa dire delle archiviazioni fatte non perché il reato non sussiste, ma perché non ne vedono la pericolosità? Visto che il reato è stato commesso "solo" tre volte sul minore?
E cosa dire delle archiviazioni perché il bambino mostra troppa enfasi nel raccontare ciò che ha subito?
E cosa ne pensate di un perito che definisce i racconti dei bambini un copione? Io mi chiedo come possa esserci giustizia in questo modo. Dove sta la tutela dei minori?

Credo che gli organi preposti — come supporto per portare alla luce la verità — dovrebbero relazionare sulla base dei fatti, non secondo pareri soggettivi.
Non si tratta di dare ragione a qualcuno. Si tratta di proteggere i minori.
Sulle vostre coscienze grava una pena ingiusta. Ma se ne andrà fieri, perché è meglio essere condannati ingiustamente che essere l’aguzzino.
La vera vergogna è essere l’aguzzino.
Per ciò che riguarda i minori, su di voi — sulla vostra coscienza e sulla vostra carriera — grava il futuro, la serenità, la salute e la vita di due bambini.
Sappiate che avrete potuto archiviare gli atti, ma mai verrà archiviata nella loro memoria ciò che hanno subito. E ciò che continuano a subire.
E al perito, mi sento di dire che quello che è stato definito superficialmente un copione, è invece una brutta e triste realtà di cui anche lei, adesso, è complice.

Su questo iter, macchiato da verità nascoste, che futuro pensate determinerà per la vita di questi bambini?
Ve lo dico io: quando succederà qualcosa a questi bimbi — e badate bene, non dico se, ma quando — i veri responsabili sarete voi.
Voi che invece di proteggerli li avete sottovalutati, definiti attori, mentre erano vittime della stessa mano.

Che questa mia lettera sia un monito, uno sprono per tutti quelli che sanno: fate in modo che la verità venga fuori.
Siate testimoni volontari. Fate sapere alle autorità competenti la verità. Ma non a denti stretti. Ditecela con il petto gonfio d’orgoglio.
È fondamentale che ogni voce si alzi, affinché la verità emerga e possa tutelare i minori. Garantendo loro un futuro libero da sofferenze, ingiustizie e paure.

Siate un esempio per i vostri figli. Perché la verità rende liberi.
Tutti i bambini meritano verità e giustizia.
Io sono orgogliosa dei nostri legali, che lottano al nostro fianco per la verità. Senza sotterfugi, senza teatrini. Solo con professionalità.
Fiera di essere la nonna che supporta, che sostiene, che dà forza. Non la nonna che sa e tace.
Fino all’ultimo mio respiro, lotterò affinché la verità venga a galla.
L’ho promesso ai miei nipotini.”

Una nonna sola
Rende (Cs), 12 maggio 2025