Sanitari in ospedale
Sanitari in ospedale

Che dire, in Calabria sembra di essere finiti in una sceneggiatura di un classico film comico. Immaginatevi un sequel di “Il medico della mutua” ambientato nel 2025, ma con un colpo di scena drammatico: mancano medici per il servizio di emergenza-urgenza e l’intera regione è in balìa di un sistema sanitario che annaspa. Il presidente Roberto Occhiuto lancia l’allarme: ci servono 159 medici, ma hanno risposto solo in 13. E no, non è una battuta.

Il casting (quasi) vuoto

Dopo aver pubblicato gli avvisi per reclutare medici per il servizio 118, la risposta è stata a dir poco sconfortante. Solo 13 candidature, un numero che sarebbe esilarante se non fosse tragico. Ma il meglio (o il peggio) deve ancora venire: di queste 13 domande, non è detto che tutte accettino il ruolo in emergenza-urgenza. Se qualcuno dovesse preferire la medicina generale, il problema rimane. Un po’ come nella scena di “Amici miei” in cui il professor Sassaroli escogita mille modi per sfuggire ai guai… solo che qui i guai restano.

Ma perché nessuno vuole fare il medico in Calabria?

Questa domanda ha più suspense di un thriller di Alfred Hitchcock. Perché i giovani medici laureati, nonostante il giuramento di Ippocrate, sembrano preferire altre regioni per affermarsi nella professione? Le ragioni sono molteplici, e tutte fanno riflettere: strutture sanitarie fatiscenti: Come pretendere che un giovane medico voglia lavorare in un pronto soccorso senza attrezzature adeguate? Qui i film comici lasciano spazio a un horror di provincia. Sovraffollamento cronico: I pochi pronto soccorsi rimasti in Calabria sono sempre pieni, con code chilometriche. Una situazione che fa venire in mente “L’ospedale più pazzo del mondo”, ma senza le risate. Ambulanze senza medici: Sì, avete letto bene. Il rischio è che le ambulanze viaggino senza personale medico, uno scenario da commedia degli equivoci, se non fosse drammaticamente reale. Fuga di cervelli: I giovani medici calabresi, con la valigia in mano, scelgono regioni più attrezzate e con prospettive migliori, lasciando la sanità locale sempre più in caduta libera.

La Calabria, protagonista di una tragicommedia sanitaria

Se fosse un film, il titolo sarebbe qualcosa tipo “Non ci resta che piangere… in ambulanza”. Il problema è che, senza medici, l’ambulanza non arriva proprio. E la colpa non può essere sempre scaricata sui medici che “non vogliono lavorare”. La verità è che nessuno vuole fare il medico in una regione dove le condizioni sono proibitive, dove ogni turno sembra una missione impossibile e dove le istituzioni sembrano più lente del traffico in tangenziale.

La morale? Non ridiamoci troppo su

Il problema della sanità calabrese è un nodo che va sciolto una volta per tutte. Non possiamo più permetterci di vedere persone che non arrivano in ospedale in tempo, ambulanze che sembrano taxi e pronto soccorsi che assomigliano a campi di battaglia. La soluzione? Investire in strutture, risorse e soprattutto motivare i giovani professionisti a rimanere.

In fondo, come direbbe Totò: “Siamo uomini o caporali?”. Ma qui la domanda diventa: siamo medici o stiamo solo recitando una parte? Ai posteri, e al prossimo bando deserto, l’ardua sentenza.